Difendiamo insieme Report dai padroni della Tv

IL SALVAGENTE – Costa poco e rende molto. Fa inchieste, squarcia i muri di omertà, inchioda alle proprie responsabilità, manager dell’economia e della finanza, parlamentari, assessori, consiglieri. Non fa differenza tra destra e sinistra quando si tratta di denunciare malaffare, illeciti, violazioni, truffe ai danni dei cittadini. Fa nomi e cognomi.
Coraggiosamente. E per questo a volte si becca qualche denuncia. Ma in Tribunale vince sempre perché ha i riscontri, i documenti; le pezze d’appoggio, come si dice in gergo. E’ un esempio di come dovrebbe essere il servizio pubblico. Eppure rischia la chiusura. Parliamo di Report, la trasmissione di Milena Gabanelli in onda su Raitre.
La chiave di tutto è il tema della copertura legale che qualcuno vorrebbe negare, rendere “uguale per tutti” e quindi economicamente insostenibile. Come se Report e la “Prova del cuoco”, fossero esposte allo stesso modo al rischio di querele…
Articolo21 ha lanciato un appello dal titolo “Giù le mani da Report”, firmato tra gli altri da Roberto Saviano, Roberto Benigni e Dario Fo per ribadire che senza copertura legale, senza la possibilità di difendersi dalle denunce per diffamazione e dalle cause per risarcimento danni, che possono avere anche un carattere intimidatorio, Report riceverebbe il colpo di grazia dopo aver subìto pressioni e prevaricazioni da molti settori della politica. Che non accenna a fare alcun passo indietro: i partiti cambiano nome, simboli, alleanze ma restano ancora intrinsecamente legati al destino del servizio pubblico, per non parlare del condizionamento diretto o indiretto perpetrato dal presidente del consiglio editore.
Forse, e lo auspichiamo, Report riuscirà ad andare in onda e così sarà per altri programmi in sospeso. Ma saranno sempre soluzioni “tampone”.
L’anomalia italiana resterà tale e il nostro Paese continuerà a sprofondare ai livelli più bassi delle classifiche mondiali della libertà di stampa finché non sarà rimosso il peccato originale rappresentato dal conflitto di interessi e non saranno modificati i criteri di nomina della Rai, allontanando dall’azienda partiti e lobbies. E finchè non sarà introdotto una sorta di “Utilitel”, un indice di misurazione del grado di “utilità sociale” dei programmi televisivi per far comprendere ai padroni del piccolo schermo che vale più la pena spendere per informare i cittadini sui loro diritti e doveri piuttosto che sulle peripezie amatorie dei vip di turno.

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