GIAN MARIO GILLIO: "Stop ai tagli ma basta anche a casi come "l’Avanti"

“Non siamo un prodotto commerciale, non pubblichiamo l’oroscopo, non mettiamo in copertina foto ammiccanti: parliamo di dialogo tra culture e religioni, di laicità dello stato, di diritti e di temi sociali. Questa bella esperienza oggi rischia di chiudere, se non riusciremo a ripianare i deficit entro il 31 dicembre di quest’anno”. Gian Mario Gillio, direttore della rivista Confronti intervistato da Articolo21 parla dei tagli del governo all’editoria e dello stato dell’informazione nel nostro Paese. Domenica sera tutti al Teatro Ambra della Garbatella per una festa a sostegno di questa importante esperienza editoriale.

Gian Mario Gillio, tu dirigi «Confronti», una rivista italiana di dialogo interreligioso e interculturale, politica e società che ha oltre 20 anni di vita e che per effetto della crisi dell’editoria e dei tagli annunciati dal governo potrebbe cessare di esistere. Il Presidente Napolitano ha immediatamente recepito l’allarme delle testate cooperative impegnandosi a rappresentare il problema al governo «per i rischi che ne potrebbero derivare di mortificazione del pluralismo dell’informazione». C’è effettivamente un problema di libertà di informazione in questo Paese che rischia di restringersi ulteriormente?
Certamente, non c’è solo il rischio. La libertà di informazione e il pluralismo vivono, e non da poco tempo, una débâcle epocale. A partire proprio da ciò che una volta veniva definito «servizio pubblico», ossia il ruolo che la Rai per anni ha svolto con impegno e lungimiranza malgrado le ingerenze politiche che l’hanno sempre condizionata. In televisione si poteva imparare l’italiano corretto, conoscere le difficoltà delle periferie urbane e delle campagne, così come delle città che stavano formando il nostro paese: un servizio, quello televisivo Rai, che ha aiutato l’Italia ad essere davvero più unita. L’informazione era completa, rigorosa, educata, formativa.

Quando sono cambiate le cose e perchè?
Fino almeno agli inizi degli anni Ottanta non si era schiavi dello share e delle rendite pubblicitarie e nessun abbonato si era mai fatto scrupolo se pagare o meno il canone, che veniva normalmente pagato in cambio del servizio reso. Oggi la Rai, avendo deciso da ormai troppo tempo di rincorrere la concorrenza privata, ha di fatto svenduto il proprio potenziale. Che invece l’avrebbe resa unica e salvata da una competizione, già persa in partenza.

Oggi si dovrebbe ripensare ad una programmazione diversa?
Sì, è quello che la società italiana, ossia i telespettatori, richiedono con forza. Un esempio? Quello più recente è stato il programma di Santoro, che non a caso (e dunque provocatoriamente) ha voluto chiamare appunto «Servizio pubblico» e che l’altra sera molte persone hanno voluto guardare su alcune tv minori, su internet o ascoltare per radio, dando così un ulteriore smacco alla televisione di Stato. Un’adesione massiccia avvenuta non solamente perché il programma è ben fatto, ma anche come impeto di disobbedienza civile. Gli utenti Rai sono stanchi di vedere fiction, casi di cronaca nera intrisi di dolore, strutturati e proposti con tempi televisivi pregni di morbosità tipica delle telenovelas degli anni Ottanta! Quelli sono fatti reali. Oggi l’Italia vive uno dei periodi più bui che la mia generazione abbia mai vissuto, abbiamo bisogno di sapere cosa accade nel mondo, una crisi che tocca non solo l’economia ma anche i beni comuni, i nostri pochi risparmi… abbiamo bisogno di sapere quali saranno le mosse dei nostri rappresentanti politici.

E qual è la formula televisiva giusta?
Paradossalmente, oggi insegnano di più cinque minuti di editoriale di artisti come Crozza che non certi dibattiti inascoltabili e degni delle più squallide ripicche infantili proposti in talk show che hanno la pretesa di mantenere alta l’attenzione televisiva e non quella informativa. Per non parlare dei telegiornali. Solo qualche esempio di televisione informativa si salva. In occasione della manifestazione a Roma degli «indignati», solo Rai News ha fornito un servizio pubblico adeguato. Sembrava paradossale fare zapping, quel giorno, e vedere che mentre Roma veniva messa a ferro e fuoco da un gruppo assolutamente minoritario di guastafeste, si scatenava una tragedia, quella dell’oscuramento di un movimento importante e pacifico sceso in piazza per rivendicare i propri diritti e quelli di chi era rimasto a casa, un movimento distratto dai disordini. E in Rai – non ci speravo dalle televisioni del Presidente – solo programmi di intrattenimento, film vecchi e riciclati o ricette della nonna…

Si impone una seria riflessione sul futuro della nostra televisione…
E sul ruolo che i giornalisti devono necessariamente riconquistare. Ossia quella autonomia deontologica che è la base e la garanzia di lettori e telespettatori. Autonomia che oggi è stata sottomessa dalla promessa di un precario salario che ci rende tutti ricattabili e frammentati.

La piccola realtà editoriale che dirigi resiste ed esiste dal 1974, prima come Com Nuovi tempi e dal 1989 come Confronti. Quali difficoltà sta vivendo?
Confronti risente della crisi che investe l’editoria, così come della difficoltà di poter essere visibili e distribuiti. Solo i grandi numeri possono conquistare le edicole e oggi anche le librerie. In passato ad esempio eravamo distribuiti in tutte le librerie Feltrinelli, il nostro distributore ci ha detto che la decisione della Casa è stata quella di eliminare dagli scaffali tutte le riviste che non avevano grandi potenzialità di vendita. Detto fatto, ora solo alcune librerie particolarmente sensibili a una dimensione culturale ci offrono i loro scaffali, e per questo le ringraziamo.

La vostra è una pubblicazione “di nicchia”…
Non siamo un prodotto commerciale, non pubblichiamo l’oroscopo, non mettiamo in copertina foto ammiccanti: parliamo di dialogo tra culture e religioni, di laicità dello stato, di diritti e di temi sociali. Siamo dunque un luogo dove si incontrano minoranze e maggioranze, dove ognuno e libero di potersi autorappresentare. Dove il dibattito è spesso acceso anche al nostro interno, dove laici, uomini di fede e senza fede, ebrei, musulmani, induisti, baha’i, cattolici praticanti, comunità di base e protestanti si incontrano regolarmente alle riunioni di redazione e dibattono su temi cogenti per il nostro paese, ma anche di temi internazionali. Questa bella esperienza oggi rischia di chiudere, se non riusciremo a ripianare i deficit entro il 31 dicembre di quest’anno.
 
Napolitano ha anche indicato la necessità di una più rigorosa selezione nell’accesso alle risorse. Ci sono infatti testate che percepiscono ingenti contributi ma il cui contributo alla crescita culturale e della conoscenza è pressoché nullo e spesso sono solo operazioni editoriali di facciata. Qual è la tua opinione a riguardo? È necessario disciplinare il settore? E quale criterio andrebbe individuato nell’erogazione dei contributi?
Confronti non usufruisce dei fondi per l’editoria, solo l’agevolazione delle tariffe per le spedizioni, prima che venissero sospese e poi reintegrate ma con l’aumento. Dunque la nostra forza sono i lettori, gli abbonati e il nostro lavoro che organizza numerose iniziative culturali promosse dalla cooperativa atte al mantenimento e alla sopravvivenza del progetto editoriale.

Hai firmato l’appello per il ripristino dei fondi per l’editoria…
Sì, insieme ai direttori di altre 64 testate, se non ricordo male il numero, proprio perché credo al pluralismo dell’informazione. Molte testate amiche usufruiscono di questi fondi, e sappiamo bene che malgrado il contributo, che varia da testata a testata (ma per realtà di piccole dimensioni non è poi così cospicuo come quelli che vengono sbandierati in televisione), vivono la propria quotidianità e sopravvivenza in difficoltà perenne. Queste testate di nicchia, specialistiche, non potrebbero sopravvivere senza l’aiuto governativo, così come altre testate nazionali di cooperativa o non profit.

Ci sono realtà editoriali che non percepiscono finanziamenti statali…
So bene che ci sono quotidiani come Il Fatto che con fierezza e giustamente rivendicano di non voler usufruire del contributo: per questa decisione e per l’impianto strutturale che sono riusciti da soli e senza l’aiuto di nessuno a creare, va a loro tutta la mia stima. Ma non tutti hanno le capacità e la forza di poter seguire il loro esempio. Tuttavia, ed è anche la battaglia che vede impegnato Marco Travaglio, di questi fondi si è fatto davvero, per usare un eufemismo, un cattivo uso ed è dunque ora di regolamentarne in modo attento e onesto la distribuzione. La lettera a Napolitano, che ho firmato, era molto ferrea su questo tema, cosa che è stata apprezzata dallo stesso Presidente della Repubblica. Non vogliamo più casi, e ce ne sono stati tanti, come quelli de L’Avanti!, che consentono a personaggi che non ci rendono fieri, di poter vivere la propria latitanza a spese del Governo italiano.
 
Perché una testata come «Confronti» deve continuare a vivere? Quale contributo di idee porta nel dibattito politico-culturale del paese?
Il perché non lo dovrei dire io, ma i nostri lettori. Stiamo ricevendo tanti attestati di stima, abbonamenti e contributi straordinari, e questo ci fa ben sperare. Colgo questa bella occasione, che mi concedi, per ringraziare davvero tutti di cuore. Per non essere troppo autoreferenziali darei la parola ad un nostro abbonato, così rispondo per via indiretta alla tua domanda: «Per me Confronti è, da molti anni, un punto di riferimento per seguire e capire temi importantissimi, direi determinanti per lo sviluppo stesso della mia personalità e del mio impegno quotidiano. Da questo punto di vista direi proprio di non attendermi un ringraziamento dalla struttura di Confronti, visto che avete addirittura deciso di rinunciare allo stipendio di dicembre (e sì che l’operaio ha diritto alla sua mercede…)! Racconta Paolo Finzi, della stampa anarchica, che ogni volta che De André faceva una donazione alla loro rivista poi rifiutava i ringraziamenti di rito dicendo: “sono io che devo ringraziare voi per il lavoro che fate”. Ecco, questa è la mia stessa convinzione rispetto a Confronti: sono io che ringrazio voi». Sono state tante le lettere come questa che abbiamo ricevuto e che ci invitano a continuare e a non mollare.
 
Domenica sarete al Teatro Ambra della Garbatella per una serata a sostegno di «Confronti». Sarà un’occasione per…?
Per parlare di noi, per parlare della libertà dell’informazione, del pluralismo, della laicità dello Stato. Per parlare di chi attraversa in campo editoriale difficoltà enormi. Per parlare di precariato e di diritto al lavoro, per parlare di cultura, un patrimonio offeso, affossato. Per parlare di e con in giovani del loro e del nostro futuro. Per parlare, incontrarsi, discutere insieme di speranza per un paese che deve decidere nuovamente di piacersi. Abbiamo tutto, l’arte più bella del mondo, la cucina migliore, un cinema che ha fatto la storia, una scuola che era il fiore all’occhiello dell’Europa, così come abbiamo molti giornalisti straordinari che fanno bene il proprio mestiere. Ed è proprio con tanti giornalisti, artisti, intellettuali che ci confronteremo domenica.

http://www.articolo21.org/4156/notizia/editoria-gillio-stop-ai-tagli-ma-basta.html