GIGI PROIETTI: "Roma è diventata nevrotica. C’hanno tutti fretta de arrivà. Ma nun se capisce dove…!"

“Io un mestiere cellò. Io c’ho un mestiere, che adesso non faccio per vantarmi, ma se non ero un fregnone,  a quest’ora il sottoscritto poteva essere un attore de grido; sai soltanto con il mio sorriso maggico potevo sfonnà. Fatte conto un Dusti Ofman …, Steve Mequeen…, Ar Pacino…” Il sorriso “maggico” è quello di Mandrake, nell’ormai stranoto film “Febbre da cavallo”. Da allora la “mandrakata” è diventato termine di uso comune. E quel sorriso non è finzione cinematografica ma lo stato d’animo perenne del protagonista, Gigi Proietti, la cui risata è contagiosa, anche al telefono… “Mi diverto e mi pagano pure. E’ una pacchia”. Chi meglio di lui può essere interprete della “romanità”?!

Il primo ricordo che hai di Roma
Tanti. Il primo primo non me lo ricordo. So’ passati secoli! Ma uno sì. Potevo avere sei sette anni, forse meno. Abitavo al Colosseo

Dentro?!
No, sopra… Su Via Annia, sotto via Celimontana. Ero piccolissimo. Vivevamo in una casa che dopo la guerra era pericolante. Un ricordo che per la mia famiglia era drammatico. Ma per me era esaltante. Arrivarono e ci cacciarono via.

Come si suol dire “eravate in mezzo a una strada”
Esatto! Ci trovammo fuori di casa con tutti i mobili. Noi e gli altri coinquilini. Per portare via tutto mio padre trovò un carretto coi cavalli; li chiamavano “i cavalli della birra Peroni” perché trainavano carri con i barili di birra. Un ricordo cinematografico, da film neorealista.

A proposito di film. Ce n’è uno che ancora oggi, a distanza di anni, continua a far divertire gli spettatori: “Febbre da cavallo”. Il titolo ti dice niente?
Eh beh sì! Tra l’altro quel film è un po’ un mistero. Quando uscì non ebbe grande successo. Andò benino, a Roma a Napoli, ma non ebbe grande clamore. Quindici anni dopo fu acquistato da una di quelle imprese che comprano vecchi film a stock e li mandano alle tv locali. E fu così che, ogni volta che lo programmavano aveva grandi ascolti e piano piano, autonomamente, ha fatto un percorso che lo ha riportato sulle reti nazionali. Della serie, quando i film commerciali possono diventare cult movie senza che uno se ne renda conto…

“Cult” è diventato anche il tuo personaggio, Mandrake!
Sì, ma anche gli altri. “Il Pomata”, “Manzotin”… Sono diventati famosi con 15 anni di ritardo, evidentemente ci hanno ripagato dell’oblio iniziale, forse perché sono stati trattati con mano leggera da un grande come Steno.

E’ questa leggerezza che rende il film, a distanza di anni, ancora così popolare?
Probabilmente sì. I protagonisti sono personaggi realistici ma trattati con una cordiale teatralità. Un film medio leggero, di intrattenimento, che forse oggi è più difficile ripetere. E, tra l’altro, mi ha fatto scoprire quanti italiani giocano d’azzardo e che valore danno al gioco. Quando Mandrake dice “Se perdo, co’ mi moglie nun va bene a letto”. Pare sia vero. Io riferisco… Relata refero.

Roma negli anni l’avrai girata tutta
Se non tutta, parecchia… Dal centro alla periferia, poi di nuovo al centro. A partire dal Tufello, a pochi chilometri da Montesacro. C’ho vissuto per anni. Adesso ci sono tornato. Gli alberi sono cresciuti. Le persone sono diverse, molti vengono da altre realtà, altri sono extracomunitari.

“Puoi dirti romano quando stai in un determinato quartiere da sette generazioni”. E’ solo un modo di dire?
Per me so’ tutti romani. L’importante è amarla questa città e avere avuto qui una educazione. E cercare di conoscere, se non altro, almeno un po’ del suo dialetto.

Dalla Roma di una volta a quella di oggi, com’è cambiata la Capitale?
Si è nevrotizzata. Il motivo non me lo spiego fino in fondo ma certe volte mi sembra una città industriale. Tutti che corrono, che non vedono l’ora di arrivare… Ma nun se capisce dove…!! Te trovi uno che magari corre fino al semaforo e quando arriva davanti se ferma e scopri  che deve solo annà a casa…

Non è proprio una cosa romana. Roma era famosa per quella che veniva definita “indolenza”.
Eh già, anche se io preferisco chiamarla tolleranza… Perché è vero, ci sono sì molti casi di violenza ma continua ad esserci anche una straordinaria capacità di accoglienza e che spero rimanga tale e anzi torni ai livelli di un tempo. Roma è una città talmente bella che deve essere a disposizione completa di chi ci entra e la vuole conoscere e ammirare.

Mettiamo che dovessi indicare ad un turista cosa vedere a Roma: da dove cominceresti? Dal centro?
Difficile. La Roma storica, d’altronde, ha più di un centro. Potremmo partire da quella imperiale, dal barocco, quella del settecento, l’ottocento romano, la Roma umbertina. Dipende da che tipo de giro vole fa sto turista… Non vorrei che facesse come certi americani che arrivavano a Roma, vedevano il Colosseo e dicevano: “È tutto rotto!”

Un monumento su tutti
Anche questo non è facile, ma direi la Cappella Sistina. Gli consiglierei di cominciare con questi capolavori dell’umanità. Ma non solo per i turisti. Sembra strano ma ho tanti amici romani che non ci sono mai stati. Ovviamente la conoscono, ne parlano, ma in realtà non l’hanno mai visitata. In fondo però questo non avviene solo a Roma ma capita a molti di quelli abitano in grandi città d’arte: chi arriva da fuori ci va e chi ci vive pensa: “tanto sta lì, prima o poi ce vado anch’io”.

Abbiamo parlato della tua Roma ma chiaramente, per lavoro o per diletto avrai viaggiato molto negli anni. C’è un luogo tra quelli che hai visitato con cui hai un legame più forte?
Ho una moglie svedese e quando ho scoperto Stoccolma ne sono rimasto affascinato. Io non potrei vivere se non a Roma ma se non fosse per il clima gran parte dell’anno potrei trascorrerla lì. Una città bella e abitata da gente di rara cordialità. Si pensa spesso che gli scandinavi, in quanto nordici, siano freddi e tristi ma non è affatto così;  hanno una grande voglia di vivere.
Un’altra realtà che mi ha entusiasmato è il deserto di sabbia: ho conosciuto quello algerino, marocchino, egiziano. Anche lì sto davvero bene. Sarà perché non è umido… Ma sono portato sempre a pensare che ci sia qualcosa di profondo che ci lega con quelle aree.

I tuoi prossimi impegni
In questo momento, per Raiuno, sto girando una fiction di due puntate su San Filippo Neri, una cosa lontanissima da me ma molto interessante. Poi farò una regia lirica, (non ridete ne ho fatte altre!). E’ una delle mie tante follie. Metterò in scena il Nabucco, a Salerno. Lì c’è una realtà teatrale molto interessante. Poi ci sono dei progetti televisivi su cui dovrei solo apporre una firma ma sono un pò incerto se mettercela o meno…

Che gli impegni di Proietti siano numerosi lo testimonia il fatto che lo abbiamo a lungo rincorso in queste settimane per intervistarlo. E l’unico momento in cui siamo riusciti a strappargli un’intervista è stato di sabato sera. Poco prima di cena. E allora al termine dell’intervista l’ultima curiosità: conoscere il piatto tipico romano di Proietti: “ce ne sono tanti” risponde prima di mettersi a tavola. “Sicuramente una bella trippa alla romana. E poi “la pezza”, che sarebbe la fettina del culaccio, che però nun la trovo mai.  Ah dimenticavo, la matriciana. Ma su quella sò davvero esigente, à da esse davvero bbona!!”

(Stefano Corradino – “Viaggiando”)

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