Manteniamo viva la bacheca di Giulio

 

Caro Giulio, ho appreso solo adesso che te ne sei andato. Non ti vedevo da qualche settimana e avevo chiesto di te ai nostri amici comuni. “E’ a casa, non esce ma non demorde” mi rispondevano. E mi ero ripromesso il prossimo fine settimana di venire a salutarti. Non ti avrei chiesto come stai perché non lo sopportavi. Sviavi. Parlare di te non ti importava, nel bene e nel male. E su quella malattia bastarda che ti aveva colpito ci scherzavi su. Con una battuta e niente più. E poi tornavi a parlare della tua Orvieto che continuavi a sentire tua malgrado un’amministrazione
comunale che non sapeva amministrare, un’opposizione che non sapeva opporsi e una città senza più cittadini (intesi come collettività di individui dotati di coscienza e spirito critico).
Qualche settimana fa scrissi un pezzo di solidarietà a “il Manifesto”, che ciclicamente se la passa male, rischia di chiudere ma poi fortunatamente (e faticosamente) si riprende. E in conclusione ricordavo che ad Orvieto, a pochi metri dal Duomo c’è una stanza lunga e stretta, ribattezzata il ”Grottino” alle cui pareti sono affisse molte prime pagine del quotidiano comunista. Non sono ingiallite perché il compagno Giulio Montanucci che inquesta sede ha dato vita decenni fa al Collettivo orvietano del Manifesto le ha ritagliate con cura geometrica e incorniciate. E i compagni lettori orvietani aspettavano la cena (più o meno a cadenza annuale) del collettivo per rileggerle con attenzione come quando si va ad una mostra d’arte. E ancora oggi, scrivevo, “Giulio, che non sta bene ma si arrabbia come e più di 50 anni fa di fronte alle ingiustizie, aggiorna la bacheca del “Manifesto” affissa sul muro di Corso Cavour. L’ultima vignetta di Vauro, l’editoriale sull’acqua pubblica e accanto la denuncia sull’espropriazione dei beni comuni locali. Negli anni la bacheca l’hanno
bruciata, divelta, imbrattata. Ma Giulio il giorno successivo, senza battere ciglio scolpiva la nuova cornice in legno e la riappendeva. Nuova bacheca, nuovo contributo alla lotta”.
Manteniamo viva quella bacheca, inchiodando, come faceva lui, i poteri locali nazionali e internazionali, alle loro responsabilità e alle loro negligenze.
Penso sia il regalo migliore che possiamo fare a Giulio (e alla nostra città).

 

Caro Giulio, ho appreso solo adesso che te ne sei andato. Non ti vedevo da qualche settimana e avevo chiesto di te ai nostri amici comuni. “E’ a casa, non esce ma non demorde” mi rispondevano. E mi ero ripromesso il prossimo fine settimana di venire a salutarti. Non ti avrei chiesto come stai perché non lo sopportavi. Sviavi. Parlare di te non ti importava, nel bene e nel male. E su quella malattia bastarda che ti aveva colpito ci scherzavi su. Con una battuta e niente più. E poi tornavi a parlare della tua Orvieto che continuavi a sentire tua malgrado un’amministrazione comunale che non sapeva amministrare, un’opposizione che non sapeva opporsi e una città senza più cittadini (intesi come collettività di individui dotati di coscienza e spirito critico).

Qualche settimana fa scrissi un pezzo di solidarietà a “il Manifesto”, che ciclicamente se la passa male, rischia di chiudere ma poi fortunatamente (e faticosamente) si riprende. E in conclusione ricordavo che ad Orvieto, a pochi metri dal Duomo c’è una stanza lunga e stretta, ribattezzata il ”Grottino” alle cui pareti sono affisse molte prime pagine del quotidiano comunista. Non sono ingiallite perché il compagno Giulio Montanucci che inquesta sede ha dato vita decenni fa al Collettivo orvietano del Manifesto le ha ritagliate con cura geometrica e incorniciate. E i compagni lettori orvietani aspettavano la cena (più o meno a cadenza annuale) del collettivo per rileggerle con attenzione come quando si va ad una mostra d’arte. E ancora oggi, scrivevo, “Giulio, che non sta bene ma si arrabbia come e più di 50 anni fa di fronte alle ingiustizie, aggiorna la bacheca del “Manifesto” affissa sul muro di Corso Cavour. L’ultima vignetta di Vauro, l’editoriale sull’acqua pubblica e accanto la denuncia sull’espropriazione dei beni comuni locali. Negli anni la bacheca l’hanno bruciata, divelta, imbrattata. Ma Giulio il giorno successivo, senza battere ciglio scolpiva la nuova cornice in legno e la riappendeva. Nuova bacheca, nuovo contributo alla lotta”.

Manteniamo viva quella bacheca, inchiodando, come faceva lui, i poteri locali nazionali e internazionali, alle loro responsabilità e alle loro negligenze. Penso sia il regalo migliore che possiamo fare a Giulio (e alla nostra città).

http://orvietosi.it/2013/02/manteniamo-viva-la-bacheca-di-giulio/