VINCENZO PAGLIA, vescovo di Terni: "Sul lavoro come sulla guerra scontiamo la colpa di un approccio emergenziale. Serve una nuova cultura"

A trent’anni di distanza dalla storica visita di papa Wojtyla alle acciaierie di Terni, papa Ratzinger ha ricevuto in udienza 8 mila pellegrini della diocesi di Terni. “Occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena delle morti e degli incidenti sul lavoro venga spezzata” ha detto il Pontefice. Con il vescovo di Terni monsignor Vincenzo Paglia che ha guidato in Vaticano i pellegrini e i lavoratori parliamo di precarietà del lavoro “esasperato dal profitto a tutti i costi” ma anche della vicenda libica. “L’uso delle armi è sempre una sconfitta” ha ricordato il vescovo.

Il Papa ha usato parole chiare sul tema della precarietà
Il Pontefice ha ascoltato e accolto l’appello dei giovani arrivati in pellegrinaggio e ha voluto ribadire la centralità del lavoro che riguarda in modo inscindibile il rapporto tra uomo e società.

E’ tornato anche sul tema della sicurezza sul lavoro. Per quale ragione?
Perché è una piaga da sconfiggere. E non a giorni alterni. Bisogna superare quella mentalità tutta italiana che esplode nei momenti di emergenza e che invece impone una cultura diversa, quotidiana che si radichi e si diffonda. Il Papa ha voluto stigmatizzare la colpevole leggerezza su questo tema.

Dove individuare le responsabilità?
Sono ripartite a più livelli. Certo la società in cui viviamo non aiuta. La logica esasperata del profitto a tutti i costi porta a distorcere il senso stesso del lavoro.

Un diritto costituzionale negato?
Fa specie che mentre festeggiamo i 150 anni dell’Unità d’Italia c’è chi sembra dimenticarsi il primo articolo della nostra carta costituzionale. Sottovalutare il tema del lavoro significa infatti erodere i fondamenti stessi della Repubblica.

Come si da nuova centralità al tema del lavoro e degli infortuni ?
Affrontandolo a tutto campo. Non si può parlare di sicurezza senza affrontare il tema del giusto salario condizione essenziale affinchè gli straordinari non si accumulino e non determinino conseguenze.

E’ un appello a chi governa?
Non solo, è necessario un coinvolgimento di tutti i soggetti per affermare una nuova cultura del lavoro e della sicurezza e deve riguardare politica, istituzioni, associazioni, la chiesa, la stampa…

Il Papa non ha parlato solo di lavoro. Ha anche chiesto di fermare le armi. Come giudica l’attuale situazione nordafricana?
In parte vale ciò che ho detto parlando di lavoro: ancora una volta siamo di fronte ad un approccio emergenziale e poco preparato. La situazione è stata affrontata in modo superficiale e gli errori commessi in precedenza pesano fortemente.

Parla del rapporto con Gheddafi?
Alcuni tipi di complicità poi si pagano.

Il mondo politico si è diviso sull’intervento. Anche nella Chiesa ci sono posizioni diverse. Chi è nettamente contrario all’uso delle armi chi parla di quest’azione come una triste necessità per fermare una strage. Chi ha ragione?
L’uso delle armi è sempre un fatto negativo. Quando si ricorre all’uso della forza è sempre una sconfitta. E mi domando: anche chi decide di intervenire militarmente per fermare altri massacri sente il dolore immenso per le ferite che potrebbe procurare?

Se lei si pone questa domanda è perché ritiene che questo dolore non appartenga a tutti quelli che intraprendono queste azioni…
Non a tutti. Inoltre temo ci sia un virus terribile in questa società che si sta diffondendo e che avvelena i processi di pace, ed è in una sorta di eccitazione, anche mediatica, nel vedere i disastri che si compiono, o nella macabra passione per la cronaca nera…

(di Stefano Corradino)

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