ALBA ROHRWACHER. L’alba del nuovo cinema italiano

Senza nulla togliere alla popolarità del giovane di Montecchio reduce dalla vittoria dell’ultima edizione del Grande Fratello forse vale la pena di spendere qualche parola in più su un’attrice, orvietana, che a soli 29 anni ha recitato, nell’arco di soli tre anni in film italiani importanti, ottenendo poche settimane fa, per la pellicola di Soldini “Giorni e Nuvole” l’ambìtissimo David di Donatello come attrice non protagonista. Lei è Alba Rohrwacher, orvietana, se non di nascita quantomeno di adozione, dal momento che sulla Rupe ha frequentato il liceo classico e qui vivono ancora i familiari, come suo nonno. “Ha girato tutto il mondo” racconta Alba – e ogni volta che si allontanava voleva tornare ad Orvieto perchè questa, dice, è davvero la città più bella del mondo. E questo amore per Orvieto, sebbene io mi senta in fondo un’apolide, me lo ha trasmesso e la penso come lui. Orvieto è un piccolo porto sicuro…”. Mentre la sentiamo al telefono, Alba sta preparando i bagagli per Tokyo dove verrà presentato al pubblico giapponese il film di Soldini che le è valso il meritato premio. Alba è semplice e timida, ma la sua voce è ancora più flebile a causa di una febbre imprevista. “Sarà la paura del lungo volo e l’emozione per un viaggio così insolito”, ci confessa…

Il tuo debutto cinematografico avviene nel film di Carlo Mazzacurati “L’amore ritrovato”. E poi il film di Daniele Luchetti “Mio fratello è figlio unico”, dove interpreti la sorella di Elio Germano e Riccardo Scamarcio.
Vero, sebbene ce ne sia un altro molto importante per me per il  mio esordio. E’ “442, il gioco più bello del mondo”, un’opera prima divisa in 4 episodi prodotta da Virzì e distribuita da Medusa. Episodi che raccontano le vicende di coloro che amano e vivono il calcio, ma un calcio minore, quello degli esclusi… Quello è il primo personaggio cinematografico che ho interpretato, dopo il lavoro con Mazzacurati e prima di Lucchetti.

Questo succede nel 2004, a solo un anno dal diploma al centro sperimentale di cinematografia…
Sono stata fortunata perché quando Mazzacurati mi ha preso ero ancora al centro sperimentale… Ho iniziato quindi a lavorare subito ma ho fatto una lunga gavetta, soprattutto a teatro. Con grande costanza, per poi arrivare al cinema…

Il 2007 per la tua carriera è stato un anno decisivo, partecipi a “Piano solo” di Riccardo Milani ed interpreti la figlia di Antonio Albanese e Margherita Buy in “Giorni e nuvole” di Silvio Soldini, ruolo che ti è valso il David di Donatello 2008 come migliore attrice non protagonista… C’è un film tra questi che ti appartiene di più?
In modo diverso mi appartengono tutti. “Giorni e nuvole” è forse quello che mi ha messo in gioco di più, prima del film “Riprendimi” (attualmente nelle sale, Alba vi recita la parte della protagonista, ndr). Soldini mi ha dato la possibilità di lavorare su un personaggio e di essere parte di un grande film. Ma riconosco a Lucchetti di avermi reso parte di un’esperienza altrettanto importante.
 
Attualmente è nelle sale “Riprendimi”, dove svolgi questa volta un ruolo da protagonista in un film che tratta il tema della precarietà giovanile tra lavoro e sentimenti. Quanto e’ reale la fotografia della generazione attuale scattata dalla regista Anna Negri? Quanto c’è di precario nei sentimenti e nei valori dei tuoi giovani coetanei?
“Riprendimi” è una pellicola molto attuale. Ovviamente è un film e quindi racconta una storia attuale sotto forma  di tragicommedia, con vari espedienti cinematografici, – un film nel film – o i siparietti… ma io ci riconosco il disagio dei trentenni di oggi. Ho molti amici, con storie diverse dalle mie, che si sono laureati e lavorano in uffici in cui vivono esattamente questa condizione: una instabilità lavorativa che spesso porta anche ad una tremenda incertezza, non solo sentimentale ma che riguarda la quotidianità e la difficoltà nell’affrontare la vita.

In molti affermano che il cinema italiano è morto o sta vivendo una lenta agonia. Tuttavia sul set c’è un fiorire importante di nuovi registi e nuovi attori, e anche di temi impegnati (vedi quelli sulla precarietà nel lavoro dalla Negri a Virzì a Grimaldi…) Qual è il tuo giudizio sul cinema italiano attuale?
A mio avviso sta vivendo un momento buono. Ci sono molte idee, molte persone che hanno il coraggio di rischiare. Grandi produzioni che investono in progetti impegnati, ma anche produzioni più piccole come quella di Anna Negri o del film “Cover boy” che cercano di portare avanti non i film di cassetta ma pellicole con idee davvero valide. Certo la salute del cinema dipende anche da quanto ci si investe. Vale per il cinema e per la cultura.

Ora al governo c’è il centro destra.
E io spero proprio che il cinema non venga “ammazzato”…

Le tue biografie sul web parlano di Firenze tua città natale e di Roma… Ma c’è un’altra città che appartiene di diritto alla tua biografia ed è Orvieto. Tu hai frequentato il liceo classico lì e, seppure di rado, ci vivi ancora. Prendi il treno il fine settimana come molti pendolari…
Orvieto c’è l’ho nel cuore. Mio nonno è orvietano e mi ha trasmesso un amore viscerale per questa città. “Ho girato tutto il mondo” mi diceva, “e ogni volta che mi allontanavo volevo tornare ad Orvieto perchè questa è davvero la città più bella del mondo”. E questo amore per Orvieto, sebbene io mi senta in fondo un’ “apolide”, me lo ha trasmesso e la penso come lui. Orvieto è un piccolo porto sicuro…

Come vedi Orvieto oggi da “forestiera”?
Non vivendola in pieno non posso esprimere un giudizio completo. Tuttavia, dal punto di vista culturale, quello che noto è che Orvieto ha delle incontestabili punte di eccellenza: non solo Umbria Jazz ma una stagione teatrale di grande valore che accoglie gli spettacoli più importanti che circolano in Italia. Certo mi sarei aspettata qualcosa di più per il cinema: quando frequentavo il liceo soffrivo dell’esistenza di appena due sale. Io aspettavo le rassegne in cui venivano proiettati film non di cassetta. E adesso addirittura ce n’è uno solo… Una città come Orvieto dovrebbe avere almeno un altro cinema offrendo un’alternativa ai film di Natale…  

Alba non ama parlare di sé. Anche al telefono ci sembra vederla arrossire quando le citiamo la copertina che le ha da poco dedicato il Venerdì di Repubblica, o quando le parliamo della sua intervista nel divano rosso più famoso d’Italia, quello della Dandini su Raitre. Le chiediamo se la notorietà l’abbia in qualche modo resa meno timida e ci risponde, altrettanto timidamente, “per niente…”. Ma le strappiamo un sogno: “Vorrei lavorare con un regista come Almodovar o come Ken Loach. I sogni non si dovrebbero svelare sennò non si realizzino, ma visto che sono sogni così impossibili posso anche dirlo…”.
Noi glielo auguriamo davvero.

(Stefano Corradino – la Città)