Antonella, 23 anni, vive a Solofra in provincia di Avellino, e cerca di proteggere la madre da un compagno geloso e possessivo. Ma lui una mattina d’inverno la uccide sparandole sei colpi al viso. Giuseppina, moglie e madre di Carpi (Modena), viene uccisa a coltellate dal marito follemente geloso che aveva riempito casa di telecamere per controllarla. Maria Rosaria, splendida ragazza di 29 anni, voleva realizzare il sogno di diventare giornalista. Invece incontra l’uomo sbagliato che, una sera, in macchina, la ucciderà con quattordici coltellate. Sono solo alcune delle tragiche storie di violenza sulle donne raccontate nella nuova edizione di “Amore criminale” in onda dal 3 maggio, ogni venerdì in prima serata su Rai3. Dopo Luisa Ranieri, è Barbara De Rossi la nuova narratrice del programma, pronta a intervistare tutte quelle donne che sono riuscite a spezzare la catena della violenza e a salvarsi.
Perché ha scelto di condurre Amore criminale?
Quando mi è stata proposta  questa opportunità ne sono stata  molto felice. è un programma che seguo con interesse da anni. I  temi purtroppo sono di grande  attualità. Una conduzione un po’ particolare, in realtà accompagno  il pubblico nel racconto di storie  drammatiche di donne. Cosa porta della sua esperienza  professionale nella trasmissione? Porto la mia sensibilità, la misura,  la delicatezza. Perché per entrare  in un argomento del genere ci  vuole grande tatto e attenzione.  Ci sono anche molte donne  sopravvissute. Con le loro  famiglie. Il dolore che resta.  
E di sé? Della sua storia personale cosa porta? 
Donne a me molto vicine hanno  vissuto situazioni drammatiche.  E, proprio in ragione delle vicende di cui sono stata testimone, cerco  nelle interviste all’interno del  programma di andare dritta al problema, tenendo conto dello  stato d’animo delle donne che in  molti casi, purtroppo, pensano  che tollerare sia giusto. Una mia  amica per molti anni ha sopportato  una situazione del genere. 
Perché sopportano e non denunciano?
Pensano sia amore e invece non lo  è. Sono amori sbagliati e molte donne non se ne rendono conto e subiscono maltrattamenti senza ribellarsi. E quindi non denunciano  abbastanza. Perché hanno paura. Il termine “femminicidio”  descrive adeguatamente il  fenomeno? Come altro chiamare questo bollettino di guerra quotidiano?  123 donne ammazzate solo nel  2012, praticamente una ogni tre giorni… Maschi che ammazzano  femmine, ex mariti, ex compagni,  ex fidanzati rifiutati. L’iter è sempre lo stesso: l’uomo che  tende a sottomettere e demolire  la donna, a farle vivere una  situazione di totale dipendenza.  E, nel momento in cui lei si ribella,  la uccide.  
Come si fronteggia questa strage quotidiana? Il presidente della Camera Laura Boldrini, in una lettera al Corriere della Sera, ha auspicato che il Parlamento vari nuove norme contro la violenza di genere. Potrebbe servire?
Senza dubbio. Servirebbero  manovre molto più incisive. E in  ogni caso le leggi ci sono, il  problema è che non vengono  applicate. Fosse per me, istituirei  dei veri e propri “corpi speciali” a  difesa delle donne. Di recente una  donna ha denunciato il fatto che  il suo compagno possedeva una  pistola e la minacciava  ripetutamente. Si è sentita  rispondere dalle forze dell’ordine  che non si poteva fare più di  tanto. Mi domando: si deve  aspettare il sangue per  intervenire?  
Oltre alla politica e alle associazioni antiviolenza, quali altri soggetti devono essere coinvolti? I mezzi di informazione, ad esempio, che ruolo hanno o dovrebbero avere? 
C’è un eccesso di gossip in tv e  troppa “tv del dolore”. Su temi  come questi il compito dei media,  a cominciare dal servizio pubblico,  deve essere quello di informare,  non di far piangere. Serve una nuova forma di alfabetizzazione,  come ai tempi del maestro Manzi,  che insegnava ai telespettatori a parlare in italiano corretto.  
Evidentemente, il gossip fa più ascolti…
Ma non si può vivere di solo share. E, in ogni caso, penso ci sia una richiesta crescente di informazione anche sul tema della violenza sulle donne. 
Allora, cosa impedisce ai media di occuparsene nel modo giusto?
C’è un sostanziale impoverimento del linguaggio e dei contenuti. Abbiamo molti più canali e  strumenti rispetto a trent’anni fa,  ma siamo sempre schiavi  dell’immagine e dei prodotti da  consumare. Una tv che guarda dal  buco della serratura ed entra  troppo nella vita privata degli  altri. Se voglio parlare in tv di  come ho arredato la mia, casa uno  spazio si trova. Se due genitori,  che conosco personalmente,  hanno una bambina affetta da  una malattia rara non riescono a  trovare una trasmissione che li  ospiti. Per questo sono felice di  condurre una trasmissione come  “Amore criminale” che affronta  in modo serio e attento questo  tema tragico. 
E’ vero che coltiva da un po’ l’idea di dirigere un lavoro teatrale o televisivo sul tema della violenza?
Sì, sto scrivendo una storia su una donna maltrattata. Mi piacerebbe debuttare in regia. Ci penso e ci lavoro da un po’, prima ancora di ricevere la proposta di condurre “Amore criminale”.
(Intervista di Stefano Corradino)
http://www.ufficiostampa.rai.it/sfogliabile/95914/18244/swf/radiocorriere18.pdf

