DANILO REA. La belle Epoque

“La Belle Époque”: poco meno di quarant’anni di storia europea connotati da un tumultuoso sviluppo, da una incrollabile fede nel progresso, dalla spensieratezza e da… tante, belle donne. A Parigi si innalzava la Tour Eiffel e si vivevano i fasti dell’Esposizione Universale. Un milione di chilometri di binari attendeva merci e viaggiatori, nuovi e lussuosi modelli di automobili sfrecciavano lungo strade piene di vita, rese ancora più colorate da grandi manifesti. Euforia e frivolezza dominavano, anche se sotto la superficie serpeggiavano i virus di un malessere che sfociò nel dramma della Grande Guerra”. Tutto questo è quello che proporrà la sezione di Umbria Jazz “I linguaggi del Jazz”, pensata da Massimo Achilli, direttore artistico di Venti Ascensionali, che ne curerà il progetto visivo.  Una suite ininterrotta tra emozioni sonore e visive. Sullo schermo immagini di repertorio, stralci di pellicole, rintracciate da Maurizio Negri (che di cinema se ne intende!)  insieme alle mille inquadrature delle reinterpretazioni pittoriche di Rita Mele, l’artista contemporanea che ha prodotto proprio per questo evento quattro grandi opere esposte nei giorni di Umbria Jazz alla sala del Carmine. La musica è affidata al piano di Danilo Rea e all’elettronica di Martux_ MAka, Maurizio Martusciello.
Da martedì 30 dicembre a domenica 4 gennaio ore 17,00 presso la Sala del Carmine.

Danilo Rea: jazz e arti visive. E’ un mix che funziona o è un’alchimia rischiosa?
L’idea di miscelare arti visive e musica esiste da sempre. Il jazz ci si integra alla perfezione.  Personalmente mi ci sono cimentato varie volte soprattutto accompagnando al piano film muti e mi è sempre piaciuto farlo. Quando Massimo Achilli mi ha proposto il  tema della Belle Epoque l’ho trovato uno spunto molto interessante.

Con quale formula musicale reinterpreterai questo passaggio storico?
Ho pensato di farlo fondendo sonorità elettroniche alla melodia e alle espressioni musicali del tempo. E a tratti con citazioni debussiane…

Ad Orvieto sei di casa ormai.
Penso che l’idea di fare un festival jazz invernale ad Orvieto sia stata non solo azzeccata, ma perfetta. E ho cercato sempre di trascorrere ad Orvieto tutte le giornate del festival anche quando non suonavo. Farò lo stesso quest’anno.

Qui hai suonato inizialmente con i Doctor3, storica formazione che reinterpretava in chiave jazz brani celebri di musica leggera. Siete stati dei pionieri di questo genere musicale. Che fine hanno fatto i Doctor3?
Si sono sciolti. Dopo 10 anni. Morti di morte naturale. Un’esperienza bella ed importante che aveva semplicemente fatto il suo tempo.

Tu ora lavori in una nuova formazione musicale
Sì, suono insieme a Franco Testa (contrabbasso) e a Ellade Bandini, grande batterista che ha suonato con i più importanti cantautori italiani.

Che progetti state curando insieme?
Un nuovo cd. In cui rielaboriamo temi tratti da colonne sonore. La musica degli anni 50-60. I grandi compositori come Henry Mancini. Pezzi come Moon River. Temi tratti da film come “Colazione da Tiffany”, “Mission” o quelli di Sakamoto.

Poi c’è Danilo Rea al piano solo.
Sì, ed è quello in cui mi rispecchio di più. Solo con me stesso e il pubblico. Non c’è niente di più liberatorio e al tempo stesso impegnativo.

(Stefano Corradino – la Città)