Forza Inter

Sono juventino. Tifoso di vecchia data. Non accanito ma fedele. Non di nascita, semmai di estrazione. Da quando mio padre estraeva dal cassetto la foto del suo idolo Paolo Rossi, trasferitosi alla “vecchia signora” dopo la militanza nel Perugia e nel Lanerossi Vicenza.
Il calcio è una passione, non una fede.
Ci si lega ad una squadra di calcio per tradizione familiare, perché l’amico del cuore ti racconta le gesta del suo team preferito, perché quella sforbiciata al limite dell’area e quel gol all’incrocio dei pali resta un ricordo durevole.
Non ci si lega ad una squadra perché vince sempre, perché ha i giocatori migliori, i conti in attivo o le azioni in borsa meglio quotate. Quanti tifosi rimarrebbero fedeli alla propria squadra anche in disgrazia, anche se un’annata storta la facesse piombare nella serie cadetta? E forse sarebbe auspicabile che succedesse alle grandi di precipitare, almeno una volta, dall’altare nella polvere. Per misurarsi con la propria fallibilità.
Ma se, come nel calcio, gli interessi economici sono così spropositati, è piuttosto difficile che succeda. Si resta sempre a galla. Sempre nelle prime posizioni. E i contratti milionari ai giocatori (e magari qualche “accondiscendenza” arbitrale) assicurano sempre la lotta per lo scudetto, un posto in Champion’s, un qualche trofeo da conquistare…

In questa rincorsa miliardaria al successo televisivo e borsistico ci sono delle vicende che, fortunatamente, fanno sperare in un calcio fatto non solo di meri interessi economici ma, talvolta, sorprendentemente, di qualche principio etico, sprazzi di solidarietà, la inusuale sensibilità per una popolazione oppressa: scopriamo oggi che il Subcomandante Marcos, il guerrigliero rivoluzionario dal viso coperto, avrebbe invitato i giocatori dell’Inter ad una partitissima con la nazionale dell’Ezln (l’esercito zapatista di liberazione nazionale) per suggellare lo strano sodalizio tra i combattenti messicani e la squadra capitana da Javier Zanetti.
Tutto iniziò la scorsa primavera quando il capitano dell’Inter venne informato dalla moglie che nella turbolenta regione del Chiapas, dove da anni i villaggi indigeni lottano contro il governo centrale per avere una maggiore autonomia, una banda di paramilitari filogovernativi attacca un gruppo di famiglie che stanno portando acqua al loro villaggio di Zinacantan. Venti i feriti. Zanetti propone allora alla squadra che le multe societarie vengano devolute in progetti di sostegno economico alle comunità del Chiapas e invia una lettera di solidarietà al subcomandante. Nella lettera, pubblicata dal quotidiano “La Jornada” e firmata, secondo la testata, da numerosi giocatori dell’Inter si leggeva “Creiamo un mondo migliore, un mondo non globalizzato e arricchito dai differenti costumi e culture di tutti i popoli è per questo che vogliamo appoggiare questa lotta per mantenere la sua identità e combattere per i suoi ideali”.

Una mossa propagandistica? Forse. O forse no. D’altronde non ci si fa buona pubblicità sostenendo la causa di un guerrigliero incappucciato. L’inter è una squadra sfortunata. Lo è da sempre. E quest’anno, come fosse una maledizione, continua ad inanellare solo pareggi. Magari sarà così anche nelle prossime partite. Ma oggi ha segnato un gol da veri  campioni nella partita, ben più importante, della sensibilità civile.

(Stefano Corradino – www.articolo21.org)