FRANCA LEOSINI (Ombre sul giallo)

“Un viaggio nelle vicende giudiziarie, e non solo”  
a cura di Stefano Corradino (www.raitre.rai.it)

Un delitto, una tragedia. La giustizia individua il colpevole, ma rimangono numerosi interrogativi irrisolti. E’ in questo contesto che vivono le Ombre sul Giallo. Ma il programma di inchiesta ideato e curato dalla giornalista Franca Leosini va oltre la cronaca e cerca di scavare a fondo vicende giudiziarie che sono innanzitutto vicende umane. Sabato 7 maggio, su Raitre, la prima puntata della nuova edizione in seconda serata.
 
Lei ha condotto negli anni “Telefono Giallo”, “Storie Maledette”, “I Grandi Processi”, fino ad arrivare a “Ombre sul giallo”. Trasmissioni in cui si approfondiscono vicende giudiziarie e umane, si tracciano percorsi psicologici. C’é un filo conduttore comune a questi programmi di inchiesta?
Tutte le trasmissioni hanno rappresentato delle precise tappe evolutive. Dietro a ognuna di esse c’è un percorso lungo e impegnativo in due direzioni: all’interno della mente dell’uomo, che resta il più grande mistero dell’universo, e poi il viaggio nella vicenda giudiziaria, che è una vicenda soprattutto umana.

Non si tratta quindi solo di identificare i colpevoli di un crimine…
Individuare l’autore di un delitto è il fine giudiziario. Quello che preme a me è conoscere un profilo umano e psicologico che, da una esistenza quotidiana apparentemente normale, sfocia in un gesto efferato. Sulla base di questa filosofia è nato Storie maledette. Ombre sul giallo è figlio legittimo di questo “impianto drammaturgico” diverso.  

Quanti i casi che rimangono insoluti?
Moltissimi.

Poi ci sono quelli su cui permangono dei dubbi.
Lì entriamo in gioco noi, cercando l’anello mancante che ha impedito agli inquirenti e ai giudici di conseguire un esito di verità. Ci si può trovare al cospetto di una sentenza imperfetta o di indagini inadeguate. D’altronde, i magistrati vanno profondamente rispettati ma sono uomini, come noi giornalisti, e come noi anche loro possono talvolta sbagliare.  

Ma una buona inchiesta giornalistica può contribuire a dipanare una complicata matassa anche giudiziaria?
Noi giornalisti siamo un presidio di democrazia quando lavoriamo con rigore e rispetto.
Ritengo poi che noi abbiamo svolto una operazione meritoria contribuendo a rendere più accessibile anche alcuni termini del linguaggio giudiziario. Termini come “gup” o “gip” che per alcuni potevano sembrare i nomi di un detersivo…

La televisione informa. Puo’ sollecitare riflessioni. Fare cultura.
Si può fare cultura anche parlando di zucchine lesse e si può essere incolti anche parlando di Kant. Dipende dal modo in cui si fa. Per quanto riguarda le inchieste giudiziari penso che la condizione fondamentale sia quella di avere una conoscenza profonda del caso, altrimenti si fa cattiva informazione. Chi non studia ogni elemento di un processo nel minimo dettaglio è “un impostore”.

La prima puntata sarà dedicata a Pier Paolo Pasolini, ucciso in uno sterrato di Ostia il 2 novembre 1975. A distanza di trent’anni dall’omicidio, e a dieci anni dalla sua intervista esclusiva all’assassino Pino Pelosi, che opinione si è fatta di questa vicenda?
Pasolini è stato un gigante della letteratura e della poesia. Un intellettuale di tale spessore che, come disse Moravia, “ne nasce uno o due ogni secolo”. Trascurato per molti anni, Pasolini è stato un intellettuale scomodo in vita, ma ancor più dopo la morte. Intorno a lui un silenzio negligente, per le sue critiche forti nei confronti del “palazzo”, un termine peraltro inventato proprio da lui.

Ci saranno novità esclusive in questa puntata?
Cercheremo di diradare le molte ombre che permangono attorno a questa vicenda, proveremo a dare un “giro alla manovella”. Molti saranno gli elementi inediti che metteremo in evidenza. Spero anche di dare una lettura diversa di Pasolini, nel bene e nel male.

Lei ha intervistato Leonardo Sciascia. Che valore ha avuto per lei questo incontro da un punto di vista professionale e umano?
Non è stata una semplice intervista ma un’avventura umana irripetibile. Ho conosciuto un intellettuale, di cui avevo letto ogni sillaba, con una altissima coscienza civile e morale. Conservo delle sue lettere bellissime che tengo chiuse in cassaforte. Se ne è andato troppo presto, ma almeno è morto nel suo letto e non in uno sterrato di Ostia come Pasolini…

In questi giorni domina sulle prime pagine dei quotidiani la tragica vicenda di Angelo Izzo, il “boia del Circeo”, accusato dell’uccisione di due donne. Lei lo ha intervistato nel 1998, seguendone anche successivamente i passaggi della sua trasformazione, da stupratore ad assistente sociale. Come ha preso la notizia?
Una tragedia che mi ha letteralmente sconvolto. Sono scoppiata a piangere, dopo l’intervista l’avevo seguito credendo davvero che, come tanti altri, fosse cambiato. Ho un cesto pieno di lettere che Izzo mi ha scritto in questi anni. Ho parlato con lui al telefono pochi giorni fa e mi comunicava questa ansia di aiutare gli altri a fare… è pazzo? Allora, forse, andava curato diversamente e ammesso in un ospedale psichiatrico…