I diritti negati. Intervista a MARIDA LOMBARDO PIJOLA

Un consultorio in collegamento diretto con le famiglie italiane. Un osservatorio del mondo familiare e dei suoi cambiamenti. Una trasmissione che racconta, denuncia e accoglie le domande e le istanze provenienti dalla famiglia e dalle nuove famiglie  – tradizionali, monoparentali, ricostituite, allargate, omogenitoriali – . Tutto questo è “Questioni di famiglia”, il nuovo programma di Rai3 condotto in prima serata da Marida Lombardo Pijola dal 21 novembre. La trasmissione ha l’obiettivo di raccontare e intervenire nella realtà, in continuo cambiamento, della famiglia italiana. Una realtà in espansione che genera nuovi stili di vita e conflitti che toccano i punti vitali della nostra società. “La difesa dei diritti negati – spiega la conduttrice al Radiocorriere Tv – sarà il leit motiv di un programma che crediamo sia un buon esempio di servizio pubblico”.

 

Per tanti anni ti sei occupata di questo tema su testate cartacee. Quali opportunità in più offre la televisione per affrontare le “questioni di famiglia”?
Per me è uno strumento che fino ad oggi conoscevo solo in quanto ospite di trasmissioni. E’ un linguaggio che mi affascina perché arriva più direttamente. Useremo l’immagine per raccontare delle storie. Cercheremo di far venire fuori il cambiamento della famiglia attraverso l’esperienza vera dei protagonisti. Delle diverse generazioni,  e di tutte le classi sociali. Lo faremo anche con l’aiuto di un matrimonialista e di uno psicoterapeuta che daranno consigli e cercheranno di analizzare il fenomeno. Ma non vogliamo chiamarli “esperti”. Penso a questo programma come a una sorta di consultorio in cui ognuno racconta la sua vita. E poi si scopre che quella è la vita di tutti. Chi, d’altronde, non ha avuto, non ha e non avrà questioni di famiglia da affrontare?

La società si trasforma a ritmi sempre più incalzanti rispetto non solo ai decenni precedenti ma anche a pochi anni fa. Quanto questi cambiamenti  incidono sulla famiglia?
La velocità è nello spirito del tempo. Ed è quella del web che, purtroppo o per fortuna condiziona enormemente la nostra vita. E riguarda non solo la formazione dei figli che vivono quasi una vita parallela – che i genitori non riescono a seguire e non conoscono -. Ha a che fare anche con il fallimento dei matrimoni: più della metà delle unioni falliscono perché il web rappresenta una nuova occasione di incontri. E la rete è al tempo stesso anche un sistema per scoprire i tradimenti. In ogni caso è la vita nel suo insieme ad essere tutta più veloce, c’è sempre meno tempo per fermarsi a pensare e ad occuparsi delle relazioni interpersonali.

Il concetto di famiglia tradizionale è superato?
Sono nate nuove forme di famiglia ma, in fin dei conti, non sono neanche tanto nuove. Siamo noi che non le monitoriamo a sufficienza. Ci sono sempre di più famiglie piccole costituite solo da due membri, famiglie allargate, adottive monogenitoriali. Coppie di sole donne e di soli uomini con figli.

Aumentano esponenzialmente anche le separazioni. Statisticamente sono più dei matrimoni.
E’ così. Se vai in una qualunque classe scopri che più della metà dei ragazzi sono figli di separati. E spesso queste separazioni vengono vissute in modo conflittuale e i figli sono contesi e strattonati. Noi vogliamo far capire  che si può progettare un nuovo tipo di famiglia felice anche da una separazione.  E in ogni caso quello che ci preme è affrontare il tema di come tutelare i soggetti più deboli che in questo caso sono i bambini.

Spesso di dice che la società è più avanti della classe politica che la rappresenta. Vale anche in questo caso?
Penso proprio di sì. Le istituzioni seguono troppo spesso stereotipi di famiglia che non sono più rappresentativi di tutta la società. Le relazioni tra coppie omosessuali sono ancora viste come “stravaganti”. 

L’Italia in questo dibattito è indietro rispetto al resto d’Europa?
Molto indietro. La Spagna è un paese cattolico come il nostro ma, ad esempio, sul tema del riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali è molto più avanti di noi.  Rispetto ai paesi scandinavi noi siamo ancora ottocenteschi: nel nord Europa c’è uno straordinario modello di organizzazione della vita familiare in cui la responsabilità e la fatica sono condivise tra marito e moglie. Il risultato è che si fanno più figli, ci sono meno separazioni e le donne non devono scegliere fra la maternità e il lavoro come accade in Italia.

Come si superano gli stereotipi sul concetto di famiglia?
Facendo propria una semplice riflessione: famiglia è dove c’è amore, armonia e rispetto reciproco. 

Intervista a cura di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv