ENRICO RUGGERI: "Il mio omaggio a Gaber, Jannacci, Faletti"

Enrico Ruggeri, due volte vincitore a Sanremo ha partecipato alla sessantacinquesima edizione del Festival come super ospite con un omaggio dal titolo “Tre signori” a tre indimenticabili artisti con i quali ha condiviso un intenso rapporto umano e professionale: Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Giorgio Faletti.

Come hai concepito questa canzone?
Come il racconto di un non-luogo, o di un luogo del pensiero che potremmo chiamare a grandi linee “paradiso” dove si trovano i due signori Gaber e Jannacci e ne accolgono un terzo, Faletti. Un pezzo sereno e tutt’altro che lugubre perché parla di un posto dove queste persone sorridono, si scambiano battute e si prendono in giro guardando dall’alto alle nostre miserie umane con quell’ironia che è stata sempre parte della loro vita.

Chi erano per te e cosa hanno lasciato alla musica?
Tre persone spiritose con le quali ho riso molto. Hanno dimostrato che l’intelligenza e la cultura non sono un fardello noioso ma possono essere un denotatore positivo. Surreali e aperte mentalmente. Tre uomini liberi. Uno faceva il medico e il cantante, ha scritto libri e ha fatto l’attore, uno ha inventato il teatro-canzone. Faletti ha avuto addirittura tre vite distinte con cadute e risalite. Con Jannacci sono salito spesso sul palco. Mi ricordo di una sera, oltre venti anni fa, in cui cantammo insieme a Eros Ramazzotti “Ci vuole orecchio”. Il pezzo durò sette minuti e andò in onda il sabato sera su Rai1. Indimenticabile.

Quando Faletti si presentò a Sanremo con quel “Minchia signor tenente” si pensava inizialmente che fosse una canzone goliardica
E invece stupì tutti per la profondità del suo brano. Non me ne voglia Aleandro Baldi che quell’anno arrivò primo ma quello di Faletti fu un componimento poetico eccezionale che rimarrà nella storia del Festival.

Cos’è per te Sanremo?
E’ uno specchio dell’Italia che, con grandi vette e grandi cialtronerie ha accompagnato il Paese in questi sessantacinque anni. Ci verrei tutti gli anni perché il Festival, dal punto di vista antropologico è un fenomeno sempre molto interessante.

Nel 1993 ha vinto con “Mistero” un pezzo sui generis per il Festival, quasi hard rock
E mi posso fregiare del fatto che ciò non è mai successo, né prima né dopo. Quando vincemmo con “Si può dare di più” un po’ me l’aspettavo. Con “Mistero” assolutamente no!

Il festival a cui sei più affezionato?
Il primo con i “Decibel”. Trentacinque anni fa. Facevamo new wave. Quando salimmo sul palco ci rendemmo conto che stavamo lasciando il segno. Non per presunzione ma perché eravamo diversi da tutti gli altri. 

E la delusione maggiore?
Nel 1993. A Sanremo portavo la canzone “Nessuno tocchi Caino”. Arrivai in sala stampa con un signore di nome Leory Orange che aveva passato quattordici anni nel braccio della morte. Ogni volta gli dicevano “morirai domani” e il giorno dopo spostavano la data. E così a ripetizione… Per questo ero a Sanremo con uno spirito donchisciottesco per cercare di dare un segnale; ma in sala stampa i giornalisti furono piuttosto tiepidi. C’erano altre notizie da dare come quelle di fidanzamenti eccellenti. Ci rimasi un po’ male. 

Cantautore, ma anche scrittore di romanzi e poesie e conduttore di programmi in tv. Una carriera poliedrica! Poi c’è anche la tua passione per il calcio.
Passione irrefrenabile. E vorrei ricordare che il 2 giugno, per i 50 anni dell’Airc ci sarà una partita della nazionale cantanti nello Juventus Stadium di Torino (da agguerrito fan interista fatica a pronunciare il nome della squadra avversaria). Un evento importante. 

Lo scorso anno ci hanno lasciato Mango e Pino Daniele
Mi ricordo di Pino Daniele alla fine degli anni settanta come un ragazzo che stava rivoluzionando la canzone napoletana cantando in modo completamente diverso rispetto ai colleghi del suo tempo. Ma fu in qualche modo rivoluzionario anche Pino Mango. Una voce meravigliosa e una ricerca sonora continua ben radicata nelle culture mediterranee. Peccato che di lui se ne sono accorti troppo tardi. Certi artisti bisognerebbe tenerseli stretti quando sono ancora in  attività…

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Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv