LUIGI BIZZARRI: "Siamo stati i primi nel servizio pubblico, e non solo, ad andare in onda con programmi di storia in prima serata"

Sette puntate. Tra novità assolute e riproposizioni integrate con alcune scoperte in campo storico. “La Grande Storia” di Rai3 torna, in prima serata con un nuovo ciclo a partire dal 12 luglio. Le tre puntate nuove sono state realizzate da Ilaria Degano, Nicola Bertini e Fabio Toncelli. Curatori Mauro Longoni e Anna Maria Rotoli. E con un narratore d’eccezione, Paolo Mieli che sarà il volto della storia di Rai3. Uno dei documentari sarà dedicato a Hitler e Mussolini.  Biografie a confronto. Affinità e differenze. La particolarità ce la rivela Luigi Bizzarri capostruttura di Rai3: “sarà una puntata interamente a colori. Una parte è stata girata a colori ab origine;  un’altra sapientemente colorata da una casa di produzione francese specializzata. Vedere a colori alcune immagini che sono entrate come icone nella storia – la dichiarazione di guerra, la marcia su Roma, Piazzale Loreto… – è un aspetto sicuramente innovativo ed interessante”

Hitler e Mussolini a confronto. Cosa emerge da questo documentario? Prevalgono le similitudini o le differenze?
Se guardiamo agli ultimi due anni, quelli delle leggi razziali, quando il fascismo cade quasi completamente nell’arco d’ombra del nazismo, prevalgono le divergenze.  L’altro aspetto che prevale è che il nazismo, che sembra essere stato dominante sul fascismo in realtà non lo era. Fin dall’inizio era chiarissimo che il “dux”, l’esempio da imitare era Mussolini; nel primo incontro fra i due a Venezia si vede un Hitler in impermeabile bianco un pò intimorito che si guarda attorno e un Mussolini in divisa. Strabordante. Acclamatissimo

Lo spartiacque è stato proprio quello delle leggi razziali? 
E’ proprio così. Fino al ‘36 il fascismo godeva di una forte popolarità. Dal ’38 inizia il declino. Se, affermano molti storici e commentatori, l’Italia non entrava in guerra Mussolini forse sarebbe restato in sella come Franco in Spagna (Francisco Franco, generale spagnolo rimasto al potere fino alla sua morte nel 1975, ndr). Mussolini era molto apprezzato dagli anglosassoni. Perfino Churchill affermava che Mussolini, a quei tempi, era l’unico che poteva porre rimedio all’invasione sovietica dell’occidente, e lo elogiava come statista. E’ solo in un secondo momento, quando il nazismo si fa più forte e ingloba Mussolini, che tutti cominciano a prendere le distanze. Ma prima del ‘36 godeva di buon fama.

Il taglio dei documentari de “la Grande Storia” è più diretto, a differenza di quelli della Bbc che hanno un carattere più “ecinclopedico”. Condivide questa distinzione fatta in rete da Wikipedia?
La differenza principale è questa: la Bbc viaggia nella serialità di buona fattura. Noi nella “autoralità”. Il nostro è un prodotto d’autore immediatamente riconoscibile e risente molto della mano dell’autore. I prodotti anglosassoni sono ovviamente di buona qualità ma hanno un carattere seriale, come in un catena di montaggio. Ciò permette loro di produrre a basso costo una grande quantità di prodotti. Il nostro è un prodotto più problematico. Loro, tra l’altro utilizzano molto le interviste: un racconto divulgativo, un coro di persone che parlano. La forza dei nostri documentari invece è il materiale di repertorio. 

Alla Bbc di materiale di repertorio ne hanno in abbondanza. Più della Rai. Perché questa scelta?
E’ una scelta di fondo anche produttiva: se inserisci un intervistato che racconta è più semplice e sicuramente meno costoso.

“La Grande Storia” ha sempre fatto buoni ascolti. Non solo nelle “prime” ma anche nelle repliche. Come si spiega per un programma che, rispetto ai contenitori di maggior intrattenimento o informazione, è per sua natura “di nicchia”? 
Noi non facciamo documentari storici ma cerchiamo di raccontare la storia in tv, realizzando film-documentari. Cerchiamo di creare un climax, dando suggestioni con la musica, utilizzando un linguaggio letterario, quasi romanzesco. C’è una grammatica del racconto storico televisivo che, a mio avviso, rende più appetibile un prodotto. Andiamo in onda dal 1998 in prima serata e ci mettiamo dentro il sentimento, l’emozione. Si prende per mano il telespettatore per raccontargli che c’era una volta…

Quando avete iniziato di programmi di storia ce n’erano pochi.
Pochissimi. E noi siamo stati i primi nel servizio pubblico, e non solo, ad andare in onda con programmi di storia in prima serata!

E’ cambiato anche il modo di raccontare la storia?
Notevolmente. Di storia se ne è sempre parlato con visioni ideologizzate. Dividendo tra buoni e cattivi. Con la fine dei due blocchi è cresciuto l’interesse a capire il mondo fino in fondo. Dopo la caduta del Muro di Berlino, tra l’altro, sono usciti sul mercato enormi materiali, ad esempio sul nazismo (che provenivano dagli archivi sovietici) che non conoscevamo affatto.

Poi sono arrivati nuovi programmi. E i nuovi canali digitali e tematici. Emuli o concorrenti? 
Al momento non sono “concorrenziali”. Purtroppo per loro i tematici non hanno sufficiente budget,  fanno produzioni a basso costo e sono costretti a riproporre quello che c’è di buono nelle Teche Rai . Quando i canali tematici avranno un budget proprio per produrre programmi veri e propri di storia potremmo parlare di concorrenzialità. Per ora sono strade parallele.

Lavagne elettroniche, uso di tablet, libri digitali. La scuola italiana discute di come aggiornare i propri strumenti didattici alle nuove tecnologie. Non sarebbe magari più utile affiancare ai libri di testo alcuni contenuti multimediali ad esempio per la storia? 
Sono decine le università e gli istituti superiori che ci richiedono materiali filmati da utilizzare nelle lezioni. Sarebbe utilissimo e importante senonché c’è un’antica diatriba da parte di molti cattedratici: loro considerano la “storia scritta” di classe A e quella “filmata” di serie B. E’ un pregiudizio “idealistico-crociano”. In realtà se oggi volessi  raccontare la storia del Vietnam lo farei molto meglio con le immagini che con lo scritto. Quando facciamo vedere agli studenti, nei corsi o nei seminari, le immagini dei campi di concentramento o Toaff che racconta S.Anna di Stazzema è un altro modo per far conoscere la storia. C’è una documentazione audiovisiva straordinaria.

Lei ha curato personalmente per “la Grande Storia” le biografie dei Papi. Realizzarne una su Francesco è troppo presto? 
Noi tendiamo a trattare la storia più che la cronaca. E se tu parli di Pio XII o di Giovanni XXIII hai quella distanza necessaria che fa sedimentare la storia rispetto alla cronaca. Ma è indubbio che la voglia di fare un lavoro su Papa Francesco ci sarebbe eccome. Ne ha dati già parecchi di spunti interessanti in questi primi mesi di Pontificato… 

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