“Il lavoro senza aggettivi”. Massimo D’Antona, ucciso diciassette anni fa

Centotrenta passi. E’ la distanza che separa la casa di Massimo D’Antona dal luogo in cui è avvenuto l’efferato delitto terroristico che lo ha ucciso. Una mattinata come tante quella del 20 maggio 1999. D’Antona, giurista e docente universitario esce di casa intorno alle 8, e a pochi passi l’agguato di un commando di brigatisti. L’ultimo dei nove colpi del caricatore di una pistola semiautomatica gli infligge il colpo di grazia.  Nel giorno del diciassettesimo anniversario della morte, nel luogo in cui si è consumato l’omicidio i familiari, le autorità istituzionali e le organizzazioni sindacali si sono ritrovate per la commemorazione. Più che rievocare la tragedia, sul piccolo palco allestito per l’occasione, i presenti hanno voluto ricordare l’uomo e il suo impegno istituzionale, universitario, sindacale per il diritto al lavoro. “Il lavoro senza aggettivi” ripeteva D’Antona, un concetto che per lui si traduceva in una base unitaria di diritti nel mondo del lavoro.

“La grande modestia era uno dei suoi più importanti tratti caratteristici – ha spiegato il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano ai microfoni di Rainews24 – insieme con quello della grande intelligenza, acutezza di analisi e capacità di proposta di riforma”.   “Un uomo che ha sempre messo al centro la dignità del lavoro e della persona” afferma Laura Boldrini, Presidente della Camera. “Il suo ricordo serve per darci un indirizzo alle sfide di un presente in continua trasformazione. Una trasformazione che deve riguardare anche i sindacati. Ma – sottolinea la Boldrini – non è pensabile una loro delegittimazione perché in ogni democrazia ci sono corpi intermedi e svolgono un ruolo riconosciuto e importante. Se abbiamo sconfitto il terrorismo è anche perché i terroristi si sono trovati davanti un muro di popolo, i grandi partiti, le organizzazioni sindacali, i comitati di fabbrica, i movimenti studenteschi”. Alla commemorazione anche le principali organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil. Il 20 maggio non è solo la data dell’omicidio D’Antona ma anche quella di una grande conquista sociale e civile, lo Statuto dei lavoratori che proprio il 20 maggio 1970 diventava legge. “Credo che non ci siano dubbi – ha affermato ai nostri microfoni il segretario generale Cgil Susanna Camusso – sul fatto che il pensiero terrorista voleva annullare uno straordinario lavoro di riforma e di attenzione e qualificazione del lavoro che D’Antona stava facendo con quella idea d’inclusione che lo Statuto doveva mantenere, come principio di diritto inespropriabile. E credo che non sia casuale che si sia scelta quella data per assassinare lui e infangare quel lavoro. Il nostro compito è non dimenticare e non permettere che il terrorismo uccida anche il pensiero”.   Sulla stessa linea Guglielmo Epifani che all’epoca del delitto D’Antona era vice di Sergio Cofferati alla guida della Cgil: “A lui si devono alcune idee che poi hanno fatto strada. Dal diritto di sciopero, su come contemperare il diritto dei lavoratori con gli interessi degli utenti alla riforma del lavoro, per coniugare la modernità e le trasformazioni con la difesa dei diritti fondamentali. In questo è stato una pietra miliare e non a caso hanno voluto colpirlo e ucciderlo per le sue idee”.  –

Fonte: servizio di Stefano Corradino su Rainews24