NERI MARCORE’: "Gaber aveva la capacità di leggere con ironia la società"

Il debutto sul grande schermo nel 1994 con Ladri di Cinema di Piero Natoli, in concorso al Festival di Venezia. Tre anni dopo al fianco di Corrado e Sabina Guzzanti, lavora all’esilarante Pippo Chennedy Show. L’affermazione nel cinema nel 2003 diretto da Pupi Avati ne “Il Cuore Altrove”, ottenendo una nomination come Migliore Attore Protagonista ai David di Donatello. Prima durante e dopo il doppiaggio, altri film, le fiction, le trasmissioni radiofoniche. E poi il teatro tra recitazione e musica, in tour con Luca Barbarossa e ora in scena con uno spettacolo su Giorgio Gaber. E’ Neri Marcorè, uno dei nostri esponenti più versatili. Abbiamo scelto lui a completare un trio di personaggi (Stefano Bollani, Gigi Proietti e adesso lui) molto diversi tra di loro ma tutti e tre capaci di cimentarsi in vari ruoli, riluttanti nel dna all’idea di incasellarsi in una parte rigida nella quale rimanere schiavi.

Marcorè, attore di teatro, di cinema e televisione, imitatore, doppiatore. Eppure avevi cominciato conseguendo il diploma di…
… di interprete parlamentare in inglese e tedesco presso la Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori “Carlo Bo” di Bologna

Ma dal 1993 hai cominciato a deviare in quel ramo che ti avrebbe condotto alle esperienze di oggi.
Ho iniziato a lavorare come doppiatore per varie società. E contemporaneamente l’esperienza teatrale, con La finta malata di musica di Carlo Goldoni

Una carriera che è proseguita poi negli anni in vari ruoli, portando in scena vari personaggi. C’è un fil rouge che li lega?
Dal teatro ai film alle fiction sono tutti personaggi molto diversi tra di loro. Una scelta dettata anche dal fatto che non mi va di essere identificato con un solo personaggio. Quello che mi interessa, e penso di esserci riuscito è che in ogni personaggio che porto in scena non ci sia la fedele e piatta rappresentazione ma in ognuno di essi ci sia una parte di me. Anche quando sono camuffato nelle imitazioni ci tengo che Neri si veda sempre, lasci una presenza, un’impronta.

Attualmente nei teatri stai portando in scena Giorgio Gaber. Sul palco sembra di notare una somiglianza anche fisica.
Appena accennata direi. Mi piace pensare che ci sia semmai una forte parentela, in termini di ironia e autoironia

Gaber è probabilmente insieme a De Andrè uno di quegli artisti a cui forse sta stretto anche il termine “cantautore”. Poeti e narratori del novecento. Ovviamente lo conoscevi molto prima di decidere di metterlo in scena
Gaber lo seguivo e ascoltavo da lungo tempo. I suoi dischi, i suoi monologhi. Sono andato a vederlo spesso a teatro. Un amore lontano. Mai quando era in vita avrei pensato che un giorno sarei andato in scena con un suo spettacolo. Cantavo le sue canzoni e conoscevo praticamente a memoria interi pezzi di monologhi. E quando si è deciso di lavorare alla messa in scena è stato facile capire da dove partire e quali canzoni e monologhi scegliere per uno spettacolo che fosse il più possibile unitario, un percorso non “il meglio di”, inserendo pezzi magari più difficili e meno popolari ma che fossero funzionali a questo progetto.

Quanto è attuale Giorgio Gaber oggi?
Enormemente! La capacità di leggere con ironia la società senza dare mai niente per scontato. Sferzante nei confronti di chi si fa scivolare tutto addosso senza riferimenti morali. Questa è la ragione per cui Gaber oggi è così attuale e fa ancora presa sulla gente. Perché parlava di come la vita e la società si affrontano sempre più con leggerezza, non quella calviniana ma la leggerezza data dall’evanescenza, dal distacco, dalla mancanza di un’etica.

Quella di Gaber è stata una carriera lunga oltre 30 anni. Centinaia di monologhi e canzoni, non deve essere stato facile operare una selezione.
Abbiamo operato come si trattasse di valenze chimiche, attaccando pezzi che potessero essere l’uno la continuazione dell’altro anche se scritti in spettacoli ed epoche diverse. Certo molti pezzi sono stati sacrificati ma se avessimo dovuto contemplarli tutti avremmo dovuto fare uno spettacolo diverso ogni sera.

Tra cinema, tv e teatro sei sempre in movimento, in Italia e all’estero. Qual è l’ultimo viaggio interessante che hai fatto
Al Cairo. Praticamente una toccata e fuga ma in tre giorni ho ammirato quello che avevo solo visto nei libri di scuola: sarcofaghi, mummie e piramidi… Lo so, possono sembrare anche cose scontate ma in tre giorni non era facile andare oltre!!

Luoghi che sogni di visitare ancora
Ce ne sono moltissimi. Non sono mai stato in Africa, la parte nera, quella dov’è nata la vita. E poi il sudamerica a partire dall’Argentina dove era andato mio nonno, falegname, per cercare lavoro. Il Brasile perché mi appassiona la loro cultura, gli scrittori. E Cuba, prima che diventi una cosa diversa.

Cosa non manca mai nella tua valigia?
Un libro e la musica. L’inseparabile i-pod

I tuoi progetti imminenti e futuri
Dopo Gaber lavorerò a un nuovo progetto teatrale per mettere in scena i racconti di Roberto Saviano. Dpo Pasqua faremo una prova col pubblico a Genova per poi farlo rappresentarlo ufficialmente a partire dalla fine dell’anno. In autunno il film “La scomparsa di Patò”, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, in cui reciterò a fianco di Nino Frassica e Maurizio Casagrande. Altri progetti preferisco non citarli almeno finché non sono sicuri che si realizzeranno concretamente ma sono felice di avere tante proposte di qualità tra film e fiction. Qualche anno fa non avevo sicuramente questa possibilità di scelta!

Intanto continui a condurre la trasmissione “Per un pugno di libri”, un book-games, un incrocio fra il gioco e la letteratura. Una formula per parlare di cultura… divertendosi?
Sì, una formula che penso abbia funzionato e che si può estendere ad altri prodotti culturali che non siano necessariamente i libri. Coniugare il gioco all’apprendimento è un approccio da coltivare ed estendere.

Adesso per chiudere il cerchio ti manca un disco da cantautore
Questo è più difficile ma la musica sicuramente mi stimola e mi piace molto. Ma cantare non significa avere la presunzione di essere un cantautore. Tutt’al più potrei chiedere ad ognuno dei miei amici cantautori di regalarmi un brano e farne un cd…

Che sia un viaggiatore indomito lo abbiamo capito subito e abbiamo sudato sette camicie per raggiungerlo! Anche al telefono tra un aeroporto e l’altro e magari quando finalmente lo trovavamo era senza voce per l’ennesima tappa di uno spettacolo in cui aveva dato tutto se stesso. Nel backstage di un teatro lo abbiamo “costretto” a posare per alcune foto cinque minuti prima che si alzasse il sipario. Seduto ad un pianoforte gli abbiamo chiesto di poggiare le mani sul pianoforte. “Sul piano no, non lo so suonare”. Ma a due metri c’era la sua chitarra, compagna dei suoi spettacoli teatrali e di memorabili imitazioni.

(Stefano Corradino – Viaggiando)

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