Voce, legno e tela… Ed è subito teatro. Intervista a PINO STRABIOLI

Dario Fo, Paolo Poli, Giorgio Albertazzi, Franca Valeri, Piera degli Esposti, Valentina Cortese, Gigi Proietti e Carlo Giuffré. Otto grandi attori della scena italiana si raccontano in “Colpo di scena”, il nuovo programma condotto da Pino Strabioli, in onda ogni domenica alle 20.20 su Rai3. L’infanzia nel dopoguerra, le difficoltà e le illusioni degli inizi, gli amori e le contestazioni della giovinezza, l’affermazione e i successi, la maturità e i sogni ancora nel cassetto. Ricordi divertenti e commoventi in cui l’esperienza di ciascuno di loro  si intreccia ad avvenimenti  storici  del nostro Paese, a cavallo tra i due secoli. Grazie al repertorio messo a disposizione dalle Teche Rai, il programma ricorda anche  i 60 anni della Televisione Italiana a cui, nel corso degli anni, questi grandi protagonisti hanno offerto un prezioso contributo.

Il teatro in tv, e per giunta in una fascia oraria così importante.
Va ricucito un rapporto tra il teatro e la televisione. Lo ha sottolineato lo stesso direttore di Rai3 Andrea Vianello nella conferenza stampa di presentazione del programma. Ma la cosa che più mi interessava non era tanto un programma sul teatro bensì sulla memoria: fermare ricordi e momenti di vita di questi grandi personaggi del teatro.

Gran parte di loro hanno poi avuto a che fare anche con la tv.
Certamente, molti hanno “inciampato” nella televisione e nel cinema. Del resto quando la tv è nata, sessanta anni fa, aveva bisogno degli attori di teatro. Alcuni hanno afferrato subito la grandezza e le potenzialità della tv come Giorgio Albertazzi che esordì sul piccolo schermo già nel 1954. E poi ovviamente Dario Fo o Franca Valeri attrice, di teatro che è stata la storia della televisione.

Quali motivazioni nella selezione degli otto protagonisti?
Le ragioni sono molteplici. Il nobel Dario Fo è l’unico attore il cui teatro è stato esportato nel mondo: il teatro si basa sulla parola e lui con il grammelot ha di fatto inventato una lingua, che non è una lingua propria…Paolo Poli e Piera degli Esposti hanno reinventato e rivoluzionato il modo di fare teatro. Carlo Giuffré è considerato l’erede di Eduardo De Filippo. Valentina Cortese fa parte della storia del Piccolo Teatro di Milano di Strehler. Sono tutte personalità eccezionali. E ovviamente ce ne sarebbero stati altri come Glauco Mauri, Umberto Orsini, Valeria Valeri, Paolo Ferrari, Luigi De Filippo… Ma dovevamo fare otto puntate e quindi andavano selezionati!  

Con alcuni dei personaggi lei ha lavorato direttamente in teatro. Questo l’ha “agevolata” nel dialogo televisivo?
Sì, con Paolo Poli ho fatto “I viaggi di Gulliver” ed è probabilmente lo spettacolo più importante della mia carriera. E di recente abbiamo anche pubblicato insieme un libro (“Sempre fiori mai un fioraio. Ricordi a tavola”, Rizzoli, ndr). Considero Paolo un maestro, mi ha davvero insegnato tanto.  Franca Valeri ho avuto la fortuna di accompagnarla in una serata spettacolo che si chiama “Parliamone”, una conversazione ironica e intelligente sui cambiamenti della società. Con Piera Degli Esposti mi sono ritrovato in un evento a Napoli dove abbiamo letto insieme alcuni articoli della Costituzione.Ovviamente averci lavorato mi ha aiutato ad avere una maggiore complicità.
Conoscevo Dario Fo ma soprattutto Franca Rame. Dario mi ha raccontato momenti di vita privata, da quando si sono conosciuti fino al matrimonio in chiesa e mi ha mostrato foto che non si erano mai viste. Da queste interviste escono fuori ritratti anche inediti. E se non hai un rapporto diretto precedente con questi personaggi è più difficile entrare con loro nella giusta empatia.

Nella premessa della prima puntata si sottolinea come Dario Fo è acclamatissimo all’estero tanto che in Svezia gli hanno addirittura dedicato due francobolli. Si è, in generale, poco profeti in patria o è un limite tutto italiano?
La seconda. A differenza della Francia, della Germania o di altri paesi noi non coltiviamo affatto la memoria. Per questa ragione ringrazio Raitre per aver deciso di collocare “Colpo di scena” in una fascia così importante, per quarantacinque minuti. Perché al di là del teatro al centro del programma c’è proprio la memoria. Dobbiamo necessariamente conservare i ricordi e le esperienze di questi grandi protagonisti della nostra storia e tramandarle alle nuove generazioni. Riabituare il pubblico all’ascolto, al racconto. E anche se solo tre giovani, nella prima puntata, hanno scoperto Dario Fo, è un fatto importante!

In trasmissione dicono la loro sul teatro anche i giovani dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Nell’era del “digitale” giovani che si cimentano con il teatro sembra un caso eccezionale! 
Ragazzi che riscoprono i grandi e li studiano. Giovani che vogliono fare il teatro e che hanno voglia di ascoltare i “vecchi”. Quasi un miracolo!

Il teatro resta ancora la forma di espressione artistica più libera?
Assolutamente sì! Perché è quella più vicina all’artigianato. Può fare a meno della tecnologia. Il teatro è fatto da uomini e donne in carne ed ossa. In scena bastano i materiali più antichi e naturali. Il legno, la tela. E ovviamente la voce. Di fronte a te un pubblico che si siede e ti ascolta. Per questa ragione il teatro non morirà mai perché la ha fortuna di nascere in maniera spontanea. Anche la tv, grazie alla tecnologia è andata avanti: puoi fare un programma tv anche solo attraverso un telefonino, ma c’è sempre uno strumento hi tech di mezzo. Il teatro invece è la forma più naturale di espressione.

Non sempre però viene sostenuto, finanziato, incoraggiato.
I governi che in questi anni si sono succeduti non hanno certo brillato in attenzione sulle sorti del teatro. Non si è capito che il teatro è anche produttività. La gente ci va, paga un biglietto, è una forma d’arte che contribuisce a formare una cultura e un pensiero critico. E per questo andrebbe aiutato. Con la cultura… si mangia! 

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