“Vorrei sentire le voci della piazza”. Intervista a Serena Bortone

Politica, economia, società. Ma non solo. Oltre due ore di diretta tutte le mattine a partire dalle 8. E’ “Agora Estate”, il talk show di informazione della fascia mattutina di Rai3 condotto da Serena Bortone a partire dal 29 giugno. “Cercheremo facce e persone nuove e non le solite compagnie di giro” spiega la conduttrice al Radiocorriere Tv. “Di persone che hanno cose intelligenti da dire ce ne sono molte, il punto è come valorizzarle”.

Cosa ci dobbiamo aspettare dalla edizione 2015 di “Agorà Estate”?
Il nostro era e resta un programma che si occupa di politica, economia, società e di tutto ciò che è legato ai principali avvenimenti della nostra attualità quotidiana. Una finestra aperta attraverso la quale raccontare l’Italia. Ma a me piacerebbe anche poter narrare delle storie. Occuparmi non solo della cosiddetta pancia del paese e delle proteste ma approfondire gli umori della gente, le aspirazioni, capire con quale atteggiamento guardano al futuro. Vorrei un’Agorà Estate che fosse una vera e propria piazza, non solo politica ma anche in qualche modo narrativa.

La politica tradizione oggi è più o meno interessante da analizzare?
Interessante continua ad esserlo, sicuramente le chiavi di interpretazione devono cambiare. Le appartenenze sono saltate del tutto. Non soltanto quelle ideologiche ma ad esempio è venuta meno la contrapposizione degli ultimi vent’anni fra sostenitori e oppositori di Berlusconi.  Non esistono più le fidelizzazioni classiche e di conseguenza l’elettorato è diventato molto volatile, volubile. Da questa condizione non puoi prescindere nell’analisi.

Negli ultimi mesi, per effetto dell’ondata massiccia di migranti i contenitori di informazione si sono occupati maggiormente di ciò che accade al di là dei nostri confini. E’ un fatto congiunturale o pensi che ci si sta abituando ad allargare il nostro orizzonte alla situazione di altri paesi?
Che lo sguardo si stava allargando me ne sono resa conto già da un po’. Quando andai in Francia per seguire le elezioni vinte da Hollande era già chiaro che quel voto non riguardava solo i nostri cugini d’oltralpe. Se vince Hollande, si diceva, in Europa ci potrà essere una politica meno “rigorista”. E oggi la situazione greca così come l’affermazione di Podemos in Spagna o quella dei movimenti populisti alla Le Pen interessano inevitabilmente, e più di prima, anche noi. Se uno stato estero è restio o contrario ad ospitare i profughi che scappano dalle guerre è evidente che sarà il nostro Paese che ne subirà le ripercussioni.

Parlare di esteri fa ascolto?
Sì, e in ogni caso penso che faccia ascolto tutto ciò che è interessante e trattato nel modo giusto. Penso che oggi il concetto di “cittadinanza europea” sia entrato pienamente nel nostro vivere comune. Magari poi giudichiamo l’Europa come matrigna ma la sentiamo comunque come nostra. C’è chi la vuole cambiare e chi ritiene debba essere conservata così com’è perché giudicano il rigore come una condizione indispensabile per avere stabilità economica.

Quali sono gli argomenti più sensibili per gli italiani in questo momento?
Quelli che incidono sulle “tasche”. Quali possibilità nuove di lavoro si intravedono, quanto percepirai di pensione… Tutto quello che interroga il futuro, nostro e dei nostri figli. Queste sono le risposte che la gente vuole avere.

Il talk è in crisi o continua ad essere uno strumento che catalizza l’attenzione?
Negli ultimi tempi c’è stata indubbiamente una overdose di talk. E quando saturi il mercato, il prezzo – che in questo caso sono gli ascoltatori – inevitabilmente si abbassa.

C’è un antidoto all’emorragia di pubblico?
E’ quello di cercare facce e persone nuove e non le solite compagnie di giro. Perché la ridondanza spegne l’efficacia della parola. E’ quello che fa anche Gerardo Greco nell’edizione invernale: chiamare in causa anche persone  al di fuori delle cerchie abituali. Di persone che hanno cose intelligenti da dire ce ne sono molte, il punto è semmai come valorizzarle.

Se potessi scegliere un ospite internazionale esclusivo per aiutarci a riflettere sul nostro Paese la tua scelta su chi cadrebbe?
Non un politico semmai uno scrittore. Penso allo statunitense Jonathan Franzen, uno dei miei autori preferiti. O a Philip Roth. Che non parlano di politica tradizionale direttamente ma sono più interessati ai temi della vita dell’uomo.  E non puoi capire la politica se prima non hai capito l’umanità. Mi piacerebbe pertanto porre domande alcune domande a coloro che gli uomini hanno saputo raccontarli.

Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul “Radiocorriere Tv”