“Ho dovuto assistere alla prova di incapacità data, senza vergogna, per ben ventitré anni dalla Giustizia italiana e dai suoi responsabili. Per questo ho deciso di astenermi d’ora in avanti dal frequentare uffici giudiziari…” Sono le parole di Luciana Alpi madre di Ilaria, la giornalista del tg3 uccisa il 20 marzo 1994 a Mogadiscio insieme all’operatore Miran Hrovatin. Una lettera dura, inviata all’Ansa, che esprime tutta l’amarezza per una verità ancora così inconcepibilmente lontana. Abbiamo intervistato Luciana alla vigilia del 23° anniversario dell’assassinio di Ilaria e Miran.
C’è rabbia, sconforto e amarezza nella sua lettera. Chi l’ha delusa di più?
Tutti, la Procura, le principali istituzioni di questo paese, e anche parte dei giornalisti perché molti non si sono comportati bene con Ilaria. Penso che questa mia lettera sia dura ma anche veritiera. Io mi aspettavo che succedesse qualcosa dopo la sentenza della Procura di Perugia che aveva scarcerato l’innocente Hashi Omar Hassan. E invece niente.
Ilaria era andata in Somalia più volte e aveva seguito vari filoni d’inchiesta. Qual è stato a suo avviso quello che ha determinato il suo assassinio?
Quelli sul traffico internazionale d’armi e quello dei rifiuti tossici hanno sicuramente spaventato i potenti di turno ma non bisogna dimenticare anche la sua inchiesta sulla mala cooperazione. In un cassetto a Saxa Rubra fu ritrovato un suo bloc notes, uno dei pochi rimasti, in cui c’era scritto ‘dov’è finita questa immensa mole di denaro, 1400 miliardi, che l’Italia ha dato alla Somalia per la cooperazione?’…
Sono implicati gli italiani?
Sì, quelli di allora e anche molti che oggi sono ancora vivi e che nel frattempo hanno fatto carriera. E hanno coperto la verità. E intanto ci davano qualche “contentino”: hanno lasciato che Hashi restasse in carcere per quasi 17 anni per farci stare tranquilli. Ma noi non avremmo mai voluto che fosse arrestata una persona non colpevole.
Sono trascorsi 23 anni dalla morte di Ilaria. Con la sua lettera spera in qualche reazione?
Di appelli ne ho fatti tanti. Alle Procure, ai giudici… Sono andata perfino dal presidente della Repubblica. Ma non è successo niente. Che speranze posso avere a questo punto?
Fra i tanti silenzi di questi anni ci sono state anche voci amiche?
Certamente, soprattutto fra le piccole istituzioni. Qualche settimana fa sono venute da me due classi medie di una scuola vicino Bergamo. Si sono presentati in quaranta tutti con la maglietta di Ilaria e mi hanno annunciato che stanno per intitolare la loro scuola a Ilaria. Queste piccole manifestazioni mi gratificano e mi ripagano almeno parzialmente dei silenzi delle istituzioni importanti.
La verità è dietro l’angolo ma non la si vuole far emergere?
La verità non la vogliono. Fanno passare gli anni sperando che quando verrà la mia ora non ci sarà più nessuno che continuerà a insistere per chiedere verità e giustizia…
Intervista di Stefano Corradino pubblicata su www.articolo21.org