CONCITA DE GREGORIO: "Con la cultura si mangia"

Libri. Con particolare attenzione alle case editrici minori. Ma anche cinema, teatro. La cultura nelle sue varie sfaccettature. E’ il leit motiv del nuovo programma di Rai3 “Pane Quotidiano” in onda dalle 12.45 alle 13.10 ogni giorno, dal lunedì al venerdì. A condurlo la giornalista Concita De Gregorio. In studio in ogni puntata un pubblico diverso costituito da studenti che parteciperanno attivamente anche con domande, osservazioni e curiosità. Corrado Augias dopo dieci anni di programmazione de “Le Storie” lascia il testimone “e una redazione composta da persone di straordinario valore” afferma la De Gregorio. “Una redazione di molte donne e ci tengo a dire che ci saranno anche tre ragazze nuove che abbiamo preso a lavorare con noi. Chiara Balestrazzi, Gabriella Greison e Chiara Valerio, tre genialissime matematiche prestate all’editoria. E mi compiaccio molto del fatto che la Rai anche in spending review abbia messo sotto contratto tre giovani di grande valore”.

Un puro programma di cultura nella mattinata televisiva
Sono convinta che occuparsi di cultura in questo momento sia il più importante gesto politico che si possa fare. Il paese si rifonda con un grande investimento culturale. E siccome la politica gira a vuoto come una maionese impazzita, penso sia necessario ripartire dai fondamentali, da una nuova alfabetizzazione.

La cultura come investimento culturale. Qualcuno, nel mondo politico affermava che “con la cultura non si mangia”
Penso esattamente il contrario. Con la cultura si mangia eccome perché il sapere, l’istruzione, la scuola non sono una spesa ma un investimento. E andrebbero anche cambiate le voci di bilancio dello Stato perché quando si investe nella cultura e nel sapere, è un ricavo non una spesa. Se solo si capisse questo cambierebbero i connotati di questo paese. Di cultura si mangia anche letteralmente visto che i libri sono il cibo dell’anima e dello spirito.

Un programma che fa concorrenza alle “prove dei cuochi”!
Anche il nostro, in un certo senso, è un programma di cucina. Altri cucinano per lo stomaco e noi per altri organi del corpo. E la cultura dovrebbe diventare anche uno straordinario volano di sviluppo economico perché può dare letteralmente da mangiare, muovere l’economia, creare posti di lavoro e stipendi a migliaia se non milioni di persone. Se solo la mettessimo al centro della nostra attenzione…

Per questo la scelta del nome “Pane quotidiano”?
Certamente. Dobbiamo far mangiare le nuove generazioni con la cultura. Ed evitare così la cosiddetta fuga dei cervelli. Facciamo lavorare in Italia coloro che qui hanno studiato brillantemente. Dopodiché, nel titolo, c’è anche un elemento di identità collettiva perché la frase “dacci oggi il nostro pane quotidiano” così come i versi “nel bel mezzo del cammin di nostra vita” o “tanto gentile e tanto onesta pare”… è parte della nostra identità di italiani. Il “Padre nostro” fa parte della cultura di chiunque, anche dei non cattolici. Lo dico da laica.

Televisione e cultura. Sono in antitesi o ci può essere una fusione armonica?
Sono cresciuta da ragazzina davanti alla tv e contrariamente a quello che molti pensano non è affatto un disastro far crescere un bambino davanti alla televisione. Semmai il problema è cosa la tv propone. Io sono cresciuta vedendo Sandokan, gli sceneggiati. E mi ricordo di aver visto l’Odissea in tv e Ungaretti che la recitava. La tv è un elettrodomestico, come il frigorifero. Non è né buono né cattivo. Dipende da cosa ci metti dentro.

Leggiamo poco, pochi giornali e pochi libri a confronto di altri Paesi. Molto si consuma sulla rete. Anche gli stessi libri.
Non sono affatto ostile alla modernità. Il futuro, come diceva Einstein, è l’unico luogo in cui possiamo andare. Vedo i miei figli di 17 e 20 anni. Leggono abbastanza e lo fanno sul kindle (il lettore di libri elettronici, ndr). E’ la loro cultura. D’altronde quando io sono arrivata a Repubblica scrivevo sul Mac e Giorgio Bocca scriveva sulla macchina da scrivere… Noi che leggiamo i libri di carta non siamo migliori di quelli che li leggono su una tavoletta. Stiamo parlando di un mezzo, bisogna vedere cosa ci passa. E’ normale che i ragazzi preferiscano questo supporto perché è più svelto, moderno e amichevole.

Pane quotidiano si occuperà solo di libri?
No, saranno la parola ed il pensiero gli elementi portanti del programma. E per questo ci occuperemo della cultura nelle sue varie forme. Dal cinema al teatro. Nelle prime due settimane abbiamo ospitato Costanza Quatriglio col suo documentario “Col fiato sospeso” premiato a Venezia, un lavoro magnifico fatto a bassissimo costo, in poco tempo e con grande intelligenza. Poi Gianfranco Rosi con “Sacro Gra” che ha vinto al Lido. Ed Emma Dante.

Niente “politica” nel programma?
Ci sarà ma non in senso stretto. Si parlerà di politica ma preferirei non avere politici in studio. Parleremo del libro di Massimo Recalcati “Patria senza padri” che racconta la politica da un punto di vista psicanalitico. Poi libri che raccontano la politica da un punto di vista filosofico. La politica politicante dovrebbe osservare un turno di riposo e, semmai, ripartire dai classici. Il prossimo anno saranno duecentocinquanta anni dalla pubblicazione di “Dei delitti e delle pene” (il celebre saggio dell’illuminista italiano Cesare Beccaria pubblicato nel 1764, ndr), un testo che vale la pena rileggere per la sua attualità.

Un libro – e un autore – che porterà in trasmissione perché ne è rimasta colpita
“Fumo nella città”, un libro bellissimo di un giovane molto bravo che si chiama Alessandro Leogrande. Uno splendido saggio su Taranto che si legge come un romanzo ma che in realtà è una grande inchiesta sull’Ilva.

C’è un romanzo che ha segnato la sua formazione?
Sì, “Sopra eroi e tombe” di Ernesto Sabato. Mi sono formata leggendo la letteratura argentina e sudamericana. Sono stata un’onnivora di romanzi. Letteratura sudamericana ma anche francese e russa.

La saggistica in misura minore?
Ci sono arrivata più tardi ma oggi mi interessa molto perché trovo che le grandi inchieste che si trasformano in libri sono il nuovo romanzo sociale, epistolare. La letteratura ottocentesca ha lasciato il passo a un racconto della realtà che non è più narrativo ma saggistico. “I Miserabili” oggi, più che un romanzo, sarebbero una grande inchiesta sociale, un saggio, un viaggio.

Inchieste sociali in tv. Se ne fanno abbastanza?
Ce ne sono di ottime. E sono in una rete che ha il fior fiore delle inchieste giornalistiche italiane. Gabanelli, Iacona… Non c’è nemmeno bisogno che io li citi, Rai3 è la rete-madre delle inchieste televisive. 

http://www.ufficiostampa.rai.it/sfogliabile/99927/18322/index.html

 

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