GAETANO CURRERI: "In internet trovi di tutto ma sogni di meno"

Lucio Dalla, barba incolta, occhiali tondi e cappello di lana è seduto al pianoforte. Tra un brano e l’altro con la sua inimitabile voce graffiata e dalle tonalità disumane presenta un giovanissimo e timidissimo Gaetano Curreri. Il video, riproposto dalla Rai per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, facilmente rintracciabile sul web, segna il battesimo artistico degli Stadio, una delle band italiane più longeve i cui brani appartengono di diritto agli evergreen italiani. Oggi il frontman degli Stadio conduce una storica trasmissione musicale su Radio2. 

Fu il grande Lelio Luttazzi a far entrare Hit Parade nelle case degli italiani attraverso Radio Rai. Com’è stato trovarsi oggi alla conduzione di questo programma?
Un’esperienza fantastica non solo perché ho potuto trasmettere al pubblico i miei gusti musicali, ma anche perché mi è stato possibile condividere momenti di vita vissuta, dialogare con amici con cui ho lavorato, musicisti che stimo e ammiro come Giuliano Sangiorgi o Noemi. E poi ovviamente Vasco con cui ho duettato ne “La faccia delle donne”. Un programma che mi ha offerto l’opportunità di far ascoltare le canzoni che hanno segnato e contraddistinto i momenti principali della mia vita musicale, le esperienze, le emozioni. 

 

La radio come veicolo di informazione musicale resta lo strumento ideale?
Indubbiamente. La radio trasporta le emozioni delle canzoni. È uno strumento perfetto per la divulgazione della musica.

 

“…Se il sasso nel cielo è già una stella cometa. Se fosse per questo che hanno inventato la radio…”. Ti dice niente?
È “Canzoni alla radio”, che ho scritto insieme a Luca Carboni. Lì c’è la nostra filosofia della radio, che ti propone la musica in tutta la sua purezza.

 

E per la tv non è così?
Con la televisione ci sono molte “controindicazioni”. Spesso è fuorviante perché ti obbliga a proporre un’immagine.

 

Negli ultimi tempi di musica in televisione se ne fa di più. Specie attraverso i “talent”. Che contributo danno alla scoperta dei nuovi artisti?
Non so se i talent fanno bene o male. Sicuramente sono figli di quest’epoca che è francamente un po’ confusa. I talent servono per far conoscere un personaggio. Ma in questi contenitori, molto spesso, ciò che conta di più è la parolina giusta o una faccia ammiccante. La radio è meno “furba”. Ti propone qualcosa di più. A me francamente i talent non interessano molto e penso che certi talenti emergerebbero in ogni caso. Veronica (Noemi, ndr) per la sua bravura sarebbe diventata popolare comunque. Se non hai qualità vere, quelle che ti fanno diventare un artista che scavalca le generazioni, con i talent rischi di fare il passo più lungo della gamba. E se non hai la gamba giusta rischi di cadere. Per riassumere, non ho feeling con i talent, ma capisco che oggi sono un modo per farsi conoscere. 

 

Anche internet è figlia dei nostri tempi. Che rapporto c’è tra la musica e il web? Un sodalizio positivo o nocivo?
Appartengo alla cultura del vinile. Nel 33 giri ci leggevo la storia dell’artista, i testi delle canzoni, mi incantavo guardando una splendida copertina talvolta paragonabile a una raffigurazione artistica. Lo compravo, lo scartavo, lo ascoltavo e iniziavo un vero e proprio viaggio d’amore. Così è stato per “Revolver” dei Beatles. Sinceramente, quando accendo l’mp3 questo viaggio d’amore non riesco a farlo. Su internet trovi di tutto di più, ma sogni di meno. E io sono per una musica che faccia ancora sognare. Internet è troppo immediato e questo non fa bene all’espressione artistica. La rete non consente la stessa introspezione. Per il resto è innegabile che sia uno strumento utilissimo per dare e avere informazioni in tempo reale. 

 

Colpisce, nella home page del sito ufficiale degli Stadio, il ricordo ancora in bella vista di don Andrea Gallo, nonostante sia trascorso quasi un anno dalla sua morte.
Andrea era un nostro grande amico, una figura di straordinaria umanità. Molte delle cose che lui affermava oggi le dice papa Francesco. “Chi sono io per giudicare i gay?” si domandava don Gallo e lo stesso ha fatto il pontefice. Da credente penso che il Signore vorrebbe che i preti fossero come don Gallo, autenticamente vicini alla gente che soffre e che ha bisogno di aiuto morale e materiale. Don Gallo prima e papa Francesco oggi sono due begli esempi di come dovrebbe essere un buon cristiano. 

 

La vostra carriera inizia del 1981. Qual è il segreto della longevità artistica degli Stadio?
Credo la buona musica, ma soprattutto il rapporto di stima e amicizia che ci lega. Quando sali con altri su un palco devi farlo con la consapevolezza che c’è un arricchimento reciproco tra tutti i membri della band. E insieme cerchi di emozionare le persone che ti ascoltano. Come dice Vasco “dobbiamo essere portatori di felicità”. 

 

Il vostro primo singolo è stato “Grande figlio di puttana”, scritto con Lucio Dalla e il rapporto con lui ha scandito tutta la vostra carriera musicale. Quanto vi manca?
Mi manca enormemente. Sto lavorando adesso su alcune poesie che mi ha lasciato Roberto Roversi, che con Lucio ha scritto tra le pagine più importanti della canzone d’autore italiana. Se ne sono andati entrambi ed è un vuoto pesante. Lucio mi ha insegnato come si scrivono le musiche sui testi. È stato amico, maestro, fustigatore e consolatore. E sento che mi manca soprattutto oggi mentre sto lavorando su testi nuovi. E mi domando spesso: adesso a chi le faccio sentire queste canzoni per sapere se sono sulla strada giusta? 

http://www.ufficiostampa.rai.it/sfogliabile/107146/18494/offline/download.pdf

ucio Dalla, barba incolta, occhiali tondi e cappello
di lana è seduto al pianoforte. Tra un brano e
l’altro con la sua inimitabile voce graffiata e dalle
tonalità disumane presenta un giovanissimo e
timidissimo Gaetano Curreri. Il video, riproposto dalla Rai
per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, facilmente
rintracciabile sul web, segna il battesimo artistico degli
Stadio, una delle band italiane più longeve i cui brani
appartengono di diritto agli evergreen italiani. Oggi il
frontman degli Stadio conduce una storica trasmissione
musicale su Radio2 .
Fu il grande Lelio Luttazzi a far entrare Hit Parade nelle
case degli italiani attraverso Radio Rai. Com’è stato
trovarsi oggi alla conduzione di questo programma?
Un’esperienza fantastica non solo perché ho potuto
trasmettere al pubblico i miei gusti musicali, ma anche
perché mi è stato possibile condividere momenti di vita
vissuta, dialogare con amici con cui ho lavorato, musicisti
che stimo e ammiro come Giuliano Sangiorgi o Noemi. E
poi ovviamente Vasco con cui ho duettato ne “La faccia
delle donne”. Un programma che mi ha offerto l’opportunità
di far ascoltare le canzoni che hanno segnato e
contraddistinto i momenti principali della mia vita musicale,
le esperienze, le emozioni.
La radio come veicolo di informazione musicale resta lo
strumento ideale?
Indubbiamente. La radio trasporta le emozioni delle
canzoni. È uno strumento perfetto per la divulgazione
della musica.
“…Se il sasso nel cielo è già una stella cometa. Se fosse
per questo che hanno inventato la radio…”. Ti dice niente?
È “Canzoni alla radio”, che ho scritto insieme a Luca
Carboni. Lì c’è la nostra filosofia della radio, che ti
propone la musica in tutta la sua purezza.
E per la tv non è così?
Con la televisione ci sono molte “controindicazioni”.
Spesso è fuorviante perché ti obbliga a proporre
un’immagine.
Negli ultimi tempi di musica in televisione se ne fa di più.
Specie attraverso i “talent”. Che contributo danno alla
scoperta dei nuovi artisti?
Non so se i talent fanno bene o male. Sicuramente sono
figli di quest’epoca che è francamente un po’ confusa. I
talent servono per far conoscere un personaggio. Ma in
questi contenitori, molto spesso, ciò che conta di più è la
parolina giusta o una faccia ammiccante. La radio è meno
“furba”. Ti propone qualcosa di più. A me francamente i
talent non interessano molto e penso che certi talenti
emergerebbero in ogni caso. Veronica (Noemi, ndr) per la
sua bravura sarebbe diventata popolare comunque. Se
non hai qualità vere, quelle che ti fanno diventare un
artista che scavalca le generazioni, con i talent rischi di
fare il passo più lungo della gamba. E se non hai la gamba
giusta rischi di cadere. Per riassumere, non ho feeling con
i talent, ma capisco che oggi sono un modo per farsi
conoscere.
Anche internet è figlia dei nostri tempi. Che rapporto c’è
tra la musica e il web? Un sodalizio positivo o nocivo?
Appartengo alla cultura del vinile. Nel 33 giri ci leggevo
la storia dell’artista, i testi delle canzoni, mi incantavo
guardando una splendida copertina talvolta paragonabile
a una raffigurazione artistica. Lo compravo, lo scartavo, lo
ascoltavo e iniziavo un vero e proprio viaggio d’amore.
Così è stato per “Revolver” dei Beatles. Sinceramente,
quando accendo l’mp3 questo viaggio d’amore non riesco
a farlo. Su internet trovi di tutto di più, ma sogni di meno.
E io sono per una musica che faccia ancora sognare.
Internet è troppo immediato e questo non fa bene
all’espressione artistica. La rete non consente la stessa
introspezione. Per il resto è innegabile che sia uno
strumento utilissimo per dare e avere informazioni in
tempo reale.
Colpisce, nella home page del sito ufficiale degli Stadio, il
ricordo ancora in bella vista di don Andrea Gallo,
nonostante sia trascorso quasi un anno dalla sua morte.
Andrea era un nostro grande amico, una figura di
straordinaria umanità. Molte delle cose che lui affermava
oggi le dice papa Francesco. “Chi sono io per giudicare i
gay?” si domandava don Gallo e lo stesso ha fatto il
pontefice. Da credente penso che il Signore vorrebbe che
i preti fossero come don Gallo, autenticamente vicini alla
gente che soffre e che ha bisogno di aiuto morale e
materiale. Don Gallo prima e papa Francesco oggi sono
due begli esempi di come dovrebbe essere un buon
cristiano.
La vostra carriera inizia del 1981. Qual è il segreto della
longevità artistica degli Stadio?
Credo la buona musica, ma soprattutto il rapporto di
stima e amicizia che ci lega. Quando sali con altri su un
palco devi farlo con la consapevolezza che c’è un
arricchimento reciproco tra tutti i membri della band. E
insieme cerchi di emozionare le persone che ti ascoltano.
Come dice Vasco “dobbiamo essere portatori di felicità”.
Il vostro primo singolo è stato “Grande figlio di puttana”,
scritto con Lucio Dalla e il rapporto con lui ha scandito
tutta la vostra carriera musicale. Quanto vi manca?
Mi manca enormemente. Sto lavorando adesso su alcune
poesie che mi ha lasciato Roberto Roversi, che con Lucio
ha scritto tra le pagine più importanti della canzone
d’autore italiana. Se ne sono andati entrambi ed è un
vuoto pesante. Lucio mi ha insegnato come si scrivono le
musiche sui testi. È stato amico, maestro, fustigatore e
consolatore. E sento che mi manca soprattutto oggi
mentre sto lavorando su testi nuovi. E mi domando
spesso: adesso a chi le faccio sentire queste canzoni per
sapere se sono sulla strada giust