I NOMADI, mezzo secolo di successi

Cinquant’anni di carriera per una band musicale è un’enormità. Specie oggi che, con un’industria discografica in forte crisi e il download della musica in rete i dischi non si vendono e ben pochi riescono a riempire gli stadi.  Se escludiamo i Beach Boys e gli Status Quo, nati rispettivamente nel ’61 e nel ’62 ma rimasti inattivi per alcuni anni ci sono due soli grandi gruppi che hanno raggiunto quota mezzo secolo. I Rolling Stones (!) e i Nomadi.  Pur avendo cambiato diversi componenti del gruppo i Nomadi sono rimasti sempre sulla breccia, senza interruzioni, senza scomparire dalla scena, senza pause di riflessione. A loro e ai Modà, gruppo italiano di tutt’altra generazione, è dedicata la puntata di “Emozioni”, in onda lunedì 18 novembre, alle ore 23:30, su Rai2.
Beppe Carletti è l’unico membro della band rimasto dei fondatori ed è considerato dai fans il leader indiscusso del gruppo. Anche se a lui il termine “leader” non piace affatto perché si sente parte di un collettivo non certo un capo carismatico musicale. Con lui abbiamo discusso della sua band che festeggia proprio quest’anno in tour le nozze d’oro con la musica.

Qual è il segreto della vostra longevità?
Segreti non ce ne sono. Semmai  quello di lavorare instancabilmente  e di non pensare che si sia arrivati a un traguardo. Gioire del successo ma senza soffermarsi ad inseguire a tutti i costi gli apici delle classifiche. Il segreto dei Nomadi forse sta nell’umiltà e nella coerenza. Coerenti alla linea musicale che ci siamo dati negli anni ’60 e con la passione di lavorare ogni giorno come se dovessimo ripartire da capo.

Coerenti alla linea musicale ma anche ai contenuti. Denuncia e impegno civile continuano ad essere il marchio di fabbrica dei testi delle vostre canzoni.
Penso sia importante che una canzone trasmetta valori, contenuti, un’idea di società. E sia anche uno strumento per esprimere indignazione rispetto a ciò che non va.

Non c’è tuttavia un arretramento di impegno anche nella canzone cosiddetta d’autore?
Il mondo è cambiato e la gente è arrabbiata per come vanno le cose ma le canzoni non sembrano rappresentare, come un tempo, un appiglio per il malcontento diffuso. Non so se dipenda dalla gente o dalle canzoni, fatto sta che mentre una volta una canzone poteva essere l’inno di una rivoluzione oggi non è così. Le canzoni di Bob Dylan o la stessa “Dio è morto” nascevavo in un momento storico in un cui una generazione guardava al mondo con occhi critici per cambiarlo profondamente. Oggi c’è forse una rabbia maggiore ma al tempo stesso prevale la rassegnazione e ciò si riverbera anche nella musica.

Quindi è difficile immaginare che una band di oggi possa raggiungere come voi il traguardo dei cinquant’anni.
Penso sia impossibile e non lo dico perché ritengo che siamo più bravi ma perché oggi la gran parte dei gruppi nasce cercando il successo immediato. Apparire conta molto più di essere.  Ma se fai musica solo per ottenere il successo decreti la sconfitta della musica.

La voglia di apparire riguarda anche la tv? Come giudica i talent show sui cantanti?
In tv gli spazi per ascoltare le idee dei giovani e per scoprire nuovi talenti sono stati sempre pochi. I talent sono gli unici spazi per poter ascoltare un gruppo musicale o delle voci interessanti ma è un format che finisce per bruciarli rapidamente. Arriva uno poi sotto l’altro, neanche il tempo di metabolizzarli. Mi sembra una fabbrica delle illusioni nella quale tante ragazze e ragazzi vengono inutilmente abbagliati. Non credo che questa formula renda giustizia alla musica.

Voi in tv non siete mai stati molto presenti.
E’ vero, forse non ci hanno chiamato spesso perché non siamo abbastanza telegenici! Penso, tuttavia, che stare sempre in tv non necessariamente sia sinonimo di successo. Bisogna poi vedere quanta gente va a sentirti nei concerti!

Avete un nuovo cantante, Cristiano Turato. Un modo per dire “ci prepariamo per i prossimi cinquant’anni”?
Chi lo sa! Certo, io penso che tra cinquant’anni non ci sarò ma aver raggiunto mezzo secolo di carriera è già impressionante. Prendo in ogni caso la domanda come un augurio. Che sia una felice ripartenza. Siamo al pit stop e subito pronti a tornare in corsa! 

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