LIA CELI: "Grazie alla rete abbiamo ricominciato a scrivere… e a scriverci"

Una terrazza condominiale che si affaccia sui tetti di una non meglio identificata provincia italiana,  panni stesi ai fili, il classico locale-lavanderia che non usa più nessuno, qualche pianta di basilico e spezie varie a cui attingono i condomini. E’ l’originale set televisivo scelto per “Celi mio marito” il nuovo preserale di Rai3 in diretta, dal lunedì al venerdì, dalle 20.10 alle 20.30, a partire dal 6 maggio. A condurlo è Lia Celi, blogger e scrittrice, giornalista per caso e umorista per vocazione, come lei stessa ama definirsi. Nella terrazza Lia si rifugia  per twittare in santa pace con i suoi  followers, lasciandosi per  una ventina di  minuti alle spalle marito, figli, lavoro, casa,  facendosi distrarre solo da chi ogni tanto va e viene. E capiterà anche che personaggi famosi raggiungeranno la blogger e scambieranno con lei quattro chiacchiere, magari aiutandola a piegare le lenzuola…..

“Celi mio marito”. Un preserale, ossia? E’ informazione? Intrattenimento? Infotainment? O altro?
Intrattenimento, soprattutto, e in senso non figurato: cerchiamo di trattenere su Rai3 gli spettatori che a quell’ora guardavano Stanlio e Ollio e si erano affezionati. Chi vuole informazione seria alle 20 ha solo l’imbarazzo della scelta; noi ci rivolgiamo a chi ha già visto il Tg3 e per almeno un’ora può fare a meno di cose molto serie. Anche noi parleremo di cose serie – cosa c’è di più serio di sentimenti, emozioni e passioni? – ma in maniera laterale e non troppo prevedibile. 

Il set è una terrazza condominiale, perché questa scelta?
Il terrazzo, strepitosa realizzazione degli artigiani Rai, rappresenta intanto un bel posto dove stare. E poi è una zona che è ancora “casa” ma è già “fuori” e viceversa. Incarna un po’ il mix fra intimità e socialità, pubblico e privato, che vogliamo raccontare.

Quali argomenti affronterà? Temi che “imporrà ” lei o che saranno tratti dall’attualità anche strettissima? Potrebbe esserci anche la politica?
La politica ci sarà perché significa stare insieme – e quindi comprende sentimenti ed emozioni. Si parla di tradimenti, giri di valzer, ammucchiate, lune di miele, come nelle storie d’amore, no?

Twitter, Facebook, tablet. Ormai un pò tutti i programmi interagiscono con le nuove tecnologie, la rete e con i social network. Mentre però normalmente questi strumenti servono a promuovere un programma, a dare e ricevere informazioni magari anche in tempo reale, in questo caso videomessaggi, post e twitt non sono un corollario ma il punto di forza del programma. E’ la sperimentazione di un nuovo linguaggio?
Non siamo i primi a provarci, tanti programmi dialogano più o meno proficuamente con la rete. Ma Celimiomarito vuole mostrare in tv (se ci riesce) il cuore di noi twitteri, i Robin Hood cinici snob e iperfaziosi – almeno così ci descrivono – che impallinano governi e incoronano leader. Ci esprimeremo su temi più privati e, se ne avremo voglia, ci racconteremo nei tweet.

Hai 49mila “seguaci” su twitter. Non è una responsabilità “sovrumana” quella di dover rispondere praticamente in tempo reale (come richiede la comunicazione di oggi) ai propri followers o agli amici su facebook?
Dovere e responsabilità sono concetti che riserverei ad ambiti più seri… Non ce lo ordina il dottore di twittare o di stare su Facebook, è solo divertente, e certo, anche utile. Ma va conservata secondo me la dimensione ludica della schermaglia, del cazzeggio, in tempo reale ma anche con un ritmo rilassato. Anch’io ho sfiorato il rischio del tweet compulsivo, è facile caderci. Bisogna fermarsi in tempo e imporsi delle pause (non troppo lunghe peró…)

Un programma rivolto a un pubblico prettamente giovane e giovanissimo o non solo?
Celimiomarito non si rivolge a un pubblico di “sbarbini”; su Rai3 a quell’ora pare ci siano soprattutto signore mature e laureati… Poi se qualche teenager viene a dare un’occhiata e twitta insieme a noi, perché no?

Ci sarà anche una sorta di “posta del cuore” con messaggi relativi alla sfera più emozionale. La rete e i social network sdogana le domande generalmente più private? Consente cioè di affrontare più liberamente determinati argomenti?
Non direi, anzi, sulla rete tutti recitiamo preferibilmente la parte dei vissuti, cinici e smagati… Ma comunque anche per noi la posta del cuore è uno spunto, una traccia, non abbiamo in tasca soluzioni per amori infelici o crisi di coppia!

Qual è il tasso di interattività della nostra tv? Alto, medio, basso…?
Non sono abbastanza competente per misurarla… Rete e tv in Italia si attraggono e si respingono, la tv cerca di sfruttare Internet, per il Web la tv è un’infinita fonte di ispirazione. È una dinamica interessante e alla fin fine positiva, perché si sostengono a vicenda.

Come immagini la tv del futuro (compresa l’informazione politica e l’attualità) alla luce delle nuove tecnologie che prorompono e dei social network sempre più “invasivi”?
Ho cominciato a fare tivù da pochissimo, non ho le competenze e l’esperienza per tracciare scenari futuri. Distinguerei però fra quel che si fa o si farà nelle emittenti televisive, ancorate alle esigenze di un pubblico tradizionale, che in Italia è prevalente, e quel che si elabora per le web tv, più sperimentali e creative ma destinate a una nicchia, anzi, a più nicchie. Binari che possono incrociarsi ma non sovrapporsi, soprattutto in un Paese dove va in rete solo la metà scarsa della popolazione.

C’è il rischio che alcune dinamiche dell’informazione televisiva e della carta stampata (censura, autocensura…) possani riguardare anche la rete?
Io ho molta fiducia nella rete, o meglio non ne ho meno che nei media tradizionali, che negli ultimi trent’anni non ci hanno certo messo al riparo dall’impoverimento del linguaggio e da un’informazione cattiva e falsa, anzi. I social network non fanno male al linguaggio, anzi, alla scrittura – perché grazie alla rete tutti abbiamo ricominciato a scrivere, a scriverci, a tenere una corrispondenza, attività che sembrava completamente archiviata dalla diffusione del telefono. Oggi ci scambiamo più lettere e messaggi che nell’800. In una terra di parolai tendenzialmente ampollosi Twitter è una vera scuola di efficacia e di concisione. La faziosità e la “riluttività” si possono trovare in un tweet di 140 caratteri come in un editoriale di 3000 battute. Quanto alla dipendenza, se uno ha il temperamento dell’addicted lo sarà da qualunque cosa, alcool, gioco, Facebook, cocaina od onicofagia. Il problema è nell’anima, non nel mezzo.

Esiste il pericolo che alcune dinamiche dell’informazione televisiva e della carta stampata (censura, autocensura…) possano riguardare anche la rete?
E ridagliela con i rischi! Ma certo, c’è anche il rischio che salti la corrente in tutto il mondo e non si possa più accendere un computer o caricare un telefonino. Scherzi a parte, censura e autocensura esistono dai tempi della scrittura cuneiforme; il problema non è su che mezzo si scrive una cosa, ma in quale contesto politico ci si esprime. E comunque io sono convinta che alla fine la censura perde sempre. Come diceva Sigmund Freud, la voce della ragione è fievole, ma non si arrende finché non trova ascolto.

Stefano Rodotà ha proposto già alcuni anni fa una sorta di Articolo21-bis della Costituzione per estendere il tema della libertà di informazione (ed evitarne così limitazioni) anche ad internet? Pensi sia una proposta da tenere in considerazione?
La proposta di Rodotà è validissima, ma io credo che la Rete comunque non si lascerà soffocare, e nel caso la libertà se la conquisterà da sola. Perché chi sta in rete è in genere più furbo, intelligente e veloce – in una parola, più giovane (non parlo di me ovviamente…) – di chi sta al potere e vuole conservarlo.

http://www.ufficiostampa.rai.it/sfogliabile/96149/18247/swf/radiocorriere19.pdf

Avellino, e cerca di 
proteggere la madre da 
un compagno geloso e possessivo. 
Ma lui una mattina d’inverno la 
uccide sparandole sei colpi al viso. 
Giuseppina, moglie e madre di 
Carpi (Modena), viene uccisa a 
coltellate dal marito follemente 
geloso che aveva riempito casa di 
telecamere per controllarla. Maria 
Rosaria, splendida ragazza di 29 
anni, voleva realizzare il sogno di 
diventare giornalista. Invece 
incontra l’uomo sbagliato che, 
una sera, in macchina, la ucciderà 
con quattordici coltellate. 
Sono solo alcune delle tragiche 
storie di violenza sulle donne 
raccontate nella nuova edizione 
di “Amore criminale” in onda dal 
3 maggio, ogni venerdì in prima 
serata su Rai3. Dopo Luisa Ranieri, 
è Barbara De Rossi la nuova 
narratrice del programma, pronta 
a intervistare tutte quelle donne 
che sono riuscite a spezzare la 
catena della violenza e a salvarsi.
Perché ha scelto di condurre 
Amore criminale?
Quando mi è stata proposta 
questa opportunità ne sono stata 
molto felice. è un programma che 
seguo con interesse da anni. I 
temi purtroppo sono di grande 
attualità. Una conduzione un po’ 
particolare, in realtà accompagno 
il pubblico nel racconto di storie 
drammatiche di donne.
Cosa porta della sua esperienza 
professionale nella trasmissione?
Porto la mia sensibilità, la misura, 
la delicatezza. Perché per entrare 
in un argomento del genere ci 
vuole grande tatto e attenzione. 
Ci sono anche molte donne 
sopravvissute. Con le loro 
famiglie. Il dolore che resta. 
E di sé? Della sua storia personale 
cosa porta? 
Donne a me molto vicine hanno 
vissuto situazioni drammatiche. 
E, proprio in ragione delle vicende 
di cui sono stata testimone, cerco 
nelle interviste all’interno del 
programma di andare dritta al 
problema, tenendo conto dello 
stato d’animo delle donne che in 
molti casi, purtroppo, pensano 
che tollerare sia giusto. Una mia 
amica per molti anni ha sopportato 
una situazione del genere.
Perché sopportano e non 
denunciano?
Pensano sia amore e invece non lo 
è. Sono amori sbagliati e molte 
donne non se ne rendono conto e 
subiscono maltrattamenti senza 
ribellarsi. E quindi non denunciano 
abbastanza. Perché hanno paura.
Il termine “femminicidio” 
descrive adeguatamente il 
fenomeno?
Come altro chiamare questo 
bollettino di guerra quotidiano? 
123 donne ammazzate solo nel 
2012, praticamente una ogni tre 
giorni… Maschi che ammazzano 
femmine, ex mariti, ex compagni, 
ex fidanzati rifiutati. L’iter è 
sempre lo stesso: l’uomo che 
tende a sottomettere e demolire 
la donna, a farle vivere una 
situazione di totale dipendenza. 
E, nel momento in cui lei si ribella, 
la uccide. 
Come si fronteggia questa strage 
quotidiana? Il presidente della 
Camera Laura Boldrini, in una 
lettera al Corriere della Sera, ha 
auspicato che il Parlamento vari 
nuove norme contro la violenza 
di genere. Potrebbe servire?
Senza dubbio. Servirebbero 
manovre molto più incisive. E in 
ogni caso le leggi ci sono, il 
problema è che non vengono 
applicate. Fosse per me, istituirei 
dei veri e propri “corpi speciali” a 
difesa delle donne. Di recente una 
donna ha denunciato il fatto che 
il suo compagno possedeva una 
pistola e la minacciava 
ripetutamente. Si è sentita 
rispondere dalle forze dell’ordine 
che non si poteva fare più di 
tanto. Mi domando: si deve 
aspettare il sangue per 
intervenire? 
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