“Profondo rosso” compie 40 anni. Intervista a Dario Argento: “Anche io ho le mie paure (specie i corridoi)”

Il protagonista torna nell’appartamento della prima vittima. Osserva i quadri alle pareti. Tra questi un’inquietante composizione di volti spettrali. Si avvicina ad uno specchio che riflette il dipinto. E nel battere le mani sulla cornice, come a voler evocare qualcosa vede il suo riflesso al centro di quella composizione… Chi ha visto la scena finale di “Profondo rosso” difficilmente se l’è dimenticata e gli è rimasta scolpita nella memoria insieme alla leggendaria colonna sonora dei Goblin. Quest’anno il film cult di Dario Argento compie quarant’anni. Al Radiocorriere Tv il regista spiega il perché del successo della pellicola e rivela alcune delle sue paure…

Una premessa: oltre alla ricorrenza dei quarant’anni di “Profondo Rosso” dobbiamo ricordare che tre anni fa, il 10 agosto 2012 moriva Carlo Rambaldi, vincitore per ben tre volte dell’Oscar. A lui si devono anche gli effetti speciali di “Profondo rosso”
Rambaldi ha lavorato con me dal primo film e ha proseguito fino a “Profondo Rosso” per poi partire in America e raggiungere uno straordinario successo. Era un genio. Quando scrivevo le sceneggiature andavo da lui e parlavamo di alcuni effetti possibili da inserire. Solo lui riusciva a metterli in pratica. E allora gli effetti non erano elettronici, tutto era fatto “a mano”…

1975-2015. Sono passati quarant’anni ma “Profondo rosso” non invecchia, resiste in termini di popolarità alla competizione nonostante il fiume di film horror che si sono succeduti. Perché?
Forse perché è un film sincero e non costruito a tavolino. E’ nato dai miei pensieri più profondi. Come in un sogno. Può darsi che sia per questo che varie generazioni ci si ritrovano, perché non è legato a un periodo storico particolare, e per questo non invecchia. E’ un film senza tempo.

E’ il suo miglior film?
Penso sia uno dei più interessanti che ho fatto insieme a Suspiria, Inferno, Opera

Di sicuro è stato uno di quelli che ha avuto più successo anche in termini di incassi.
Effettivamente… Non solo in Italia tra l’altro. Circolò parecchio dappertutto. In Francia, in Spagna, in America, in Giappone…

Ci sono due aneddoti che accompagnano il film. E’ vero che prima dell’uscita del film lei diffuse la notizia che titolo sarebbe stato “La tigre dai denti a sciabola”?
E’ così, lo dissi perché non volevo far conoscere ancora il titolo originale che avevo scelto. Stavo leggendo un libro sugli uomini delle caverne e si raccontava di un animale mitico, una tigre dai denti a sciabola per l’appunto. Mi sembrò una bella trovata quella di spacciare questo come titolo per depistare i giornalisti…

Ed è vero che all’inizio cercò di ingaggiare addirittura i Pink Floyd per la colonna sonora del film?
Sì, li cercai ed erano interessati. Purtroppo però in quel momento stavano lavorando al disco “The Wall” e all’omonimo film. Fu un peccato ma quando poi entrai in contatto con i Goblin un gruppo romano allora sconosciuto fui molto intrigato dalla loro musica. Il risultato lo conoscete…

Oggi di film horror in Italia non se ne fanno granché…
Molto di rado purtroppo. Sono film piccoli che non hanno quasi mai una distribuzione. Adesso il cinema si è tutto ripiegato sulla commedia che è diventato praticamente l’unico genere cinematografico italiano. Le commedie costano poco, sono di facile realizzazione e il pubblico le apprezza. Anni fa in Italia c’era più spazio anche per altri generi. Film drammatici, politici, e anche horror.

Nel congedarci ci viene spontaneo chiedere al regista per antonomasia dei film “di paura” se c’è qualcosa che lo spaventa… “Mi mettono paura le finestre, le scale, ma soprattutto i corridoi” ci confida. “A casa avevamo un corridoio lunghissimo semioscuro e io ero l’ultimo ad andare a letto. E sentivo ogni volta una presenza… Le fobie restano per sempre…”

Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv