Roma e Milano. Viaggio tra nostalgia e euforia. Intervista a Domenico Iannacone

Roma e Milano. Due metropoli italiane. “Due pianeti diversi” secondo l’autore televisivo Domenico Iannacone che torna con due puntate speciali de “I dieci comandamenti” sabato 12 e 19 settembre in prima serata su Rai3. “Arrivederci Roma” e “Miracolo a Milano”, due racconti inediti per far emergere il vero volto delle città senza veli e senza ipocrisie. Domenico Iannacone con il suo stile ormai  consolidato entra nelle vite delle persone che le abitano, le subiscono e le amano.

Hai scelto una “narrazione cinematografica” per raccontare le due città. Perché?
Volevo raccontarle più in profondità, e sottraendomi allo stereotipo narrativo dei fenomeni recenti di Mafia Capitale di Roma o dell’Expo di Milano.

Partiamo da Roma, nel tuo racconto immagino ti ispiri a Fellini…
Non solo, anche a Pasolini con “Accattone” e a “Caro diario” di Moretti. Non a caso ho utilizzato come stratagemma narrativo anche la Vespa per muovermi nella città.

Pasolini come entra nel racconto?
Lui è il poeta delle periferie. E questa parte di Roma era fondamentale da approfondire. Ho chiesto al Museo criminologico di Roma di tirar fuori tutto quello che Pasolini aveva addosso nel momento in cui è stato assassinato. Un momento televisivamente molto forte in cui una sorta di entità, laica, non religiosa, prende nuovamente forma. Poi sono andato nel quartiere del Pigneto e ho incontrato il famoso pittore “Maupal”, all’anagrafe Mauro Pallotta, che ha dipinto l’occhio di Pasolini in una facciata. Un occhio che, come lui ama ribadire, è sempre presente su Roma…

Chi sono gli altri protagonisti?
Con la guida esperta di Valerio Mastandrea apro e chiudo il mio viaggio.
Con l’attore Massimo Marino ho ripercorso la Roma più grossolana e volgare della notte. E poi, in contrapposizione ho raccontato una storia di incredibile accoglienza e umanità, quella di una parrocchia di Sant’Eustachio che il prete ha trasformato in una mensa per i poveri.
Forti contrasti, alti e bassi della vita. La casa della contessa Odescalchi, ricca signora romana che possiede un incredibile quadro del Caravaggio e la povertà, l’assenza di abitazioni per molti.

Sei stato anche a Tor Sapienza. Che è stata epicentro di episodi di razzismo e intolleranza. E forse ce ne siamo già dimenticati.
Volevo raccontare la Roma più autentica recuperando il valore della testimonianza che abbiamo perso. Se tu racconti Tor Sapienza ma non conosci chi abita lì ne scaturisce una dimensione astratta. In quei luoghi ho incontrato  giovani che non hanno un’identità, e non si domandano nemmeno quale potrebbe essere il loro futuro. Tanti se ne fregano addirittura della Roma e della Lazio…

Cosa resta di questo viaggio nella Capitale?
Una profonda amarezza. La consapevolezza di una città che ha enorme bisogno di essere ricostruita, soprattutto culturalmente.

Per Milano hai scelto il titolo del film diretto da De Sica e sceneggiato da Zavattini.
Ho deciso di intitolare la puntata “Miracolo a Milano” perché appare come una città, dal punto di vista architettonico, proiettata nel futuro. Una forte spinta avveniristica che la rende più vicina all’Europa.

Senza contrasti?
Al contrario, ce ne sono eccome: ai grattaceli altissimi, simbolo di ricchezza e progresso si contrappongono le cicatrici di una crisi economica che ha stravolto la vita di tantissime persone. La casa che manca, quella che si è persa… Addentrandomi nella parte più sofferente della città ho scoperto un’associazione che si chiama “Pane quotidiano” e che dà tremila pasti al giorno, e sono tantissimi gli italiani che ne usufruiscono…

Tracciamo un bilancio nel confronto fra le due città.
Roma è meravigliosa ma sembra una città in preda alla nostalgia. Deve ritrovare smalto ricominciando a raccogliere i cocci, uno per uno. Milano ha un’altra energia vitale, dà l’impressione di avere perfino più identità rispetto a Roma, che sembra averla smarrita. Speriamo non per sempre…

Intervista a cura di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv