VERONICA PIVETTI: "Sono un essere antico, amo i libri di carta"

La penultima edizione di “Per un pugno di libri”, programma di Rai3 alla sedicesima edizione, era stata condotta da Neri Marcoré, poliedrico artista che, lo scorso anno, dopo dieci di conduzione ha annunciato il suo addio. Il passaggio del testimone non era dei più semplici. Eppure, nell’avvicendamento, la trasmissione non ci ha perso, tutt’altro: quest’anno, a guidare lo storico appuntamento domenicale  della rete, che sarebbe riduttivo definire un quiz televisivo, è la brillante attrice Veronica Pivetti, nata professionalmente come doppiatrice (a soli sette anni) e interprete di film, fiction e miniserie tv come “Provaci  ancora Prof”, produzione italiana trasmessa da Rai1 a partire dal 2005. Allora recitava la parte di una  professoressa, oggi consiglia la lettura di saggi e romanzi. I libri sono la sua grande passione? “Di più, sono la  mia droga – risponde la Pivetti – perché ti fanno viaggiare, ti fanno vivere vite non tue, sensazioni apocalittiche,  grandi dolori e grandi gioie”. 

Nell’era dell’ipertecnologia una trasmissione che si occupa di libri e che resiste da quattordici anni in tv è  un miracolo? Una sorta di oasi del wwf? 
Forse sì. Forse una trasmissione che parla di libri, cartacei, sia chiaro, non elettronici, è un piccolo miracolo  che si rinnova ogni domenica. Eppure sono convinta che “Per un pugno di libri” sia tutto fuorché una  trasmissione “antica”, così come non è passato di moda leggere, anche se siamo in un mondo tecnologico che  invade con la sua velocità la nostra vita. Leggere sarà sempre bellissimo.

Il filo conduttore della trasmissione da lei condotta sono i classici, forse perché sono più attuali di tanti  libri contemporanei? 
I classici sono la colonna portante del programma, ma la vera sfida è far diventare “classici” dei libri più  recenti. Su Mann o Flaubert nessuno ha niente da dire, ma non scordiamoci che l’anno scorso abbiamo giocato  con “Alta fedeltà” di Hornby, mi pare una bella (e utile) dimostrazione di apertura. Io lotto strenuamente a  favore di Franzen, autore che amo alla follia, ma Dorfles è un osso duro, non so se la spunterò… 

In trasmissione un contributo prezioso lo portano anche i ragazzi che vi segnalano le loro letture preferite.  Quali sono i generi preferiti da questa generazione? 
I ragazzi portano di tutto.  Personalmente apprezzo  moltissimo chi arriva col libro della  propria infanzia o chi non tenta di  fare bella figura a tutti i costi. Mi  spiego: l’anno scorso un ragazzo  portò “La versione di Vasco” e io  trovai che avesse fatto bene,  perché era chiaramente una scelta sincera. Quando vidi un altro  ragazzo che brandiva con orgoglio  “Il giorno” del Parini ho avuto  qualche dubbio. Non perché i  ragazzi non debbano avere delle  mete letterarie alte, anzi, ma certe  volte dietro alle scelte dei ragazzi  ci sono le imposizioni dei professori  che li vogliono ossessivamente bravi e preparati. Questo non è  giusto e non è nello spirito del  gioco. Perché, forse è opportuno ricordarlo, “Per un pugno di libri”  è un gioco. 

I ragazzi dell’ultimo anno delle superiori si affrontano in “Per un  pugno di libri” attraverso giochi e  prove di abilità su un testo  classico. Suona come una  competizione sana… 
La competizione deve  assolutamente essere sana e non  mirare solo ed esclusivamente alla  vittoria. Penso che sia comunque  divertente partecipare ad una  trasmissione televisiva. Per molti è  un’occasione che non si ripeterà,  perciò va vissuta con leggerezza e  con sano spirito competitivo. “Per  un pugno di libri” è il classico caso  in cui è giusto affermare che  l’importante è partecipare. 

La diffusione dei libri digitali non  risparmia neanche i grandi megastore del libro. Barnes & Noble,  una delle più importanti catene di  librerie annuncia infatti che entro  dieci anni chiuderà un terzo dei propri negozi… Siamo destinati,  nel breve futuro, a considerare il  libro come un oggetto “vintage”  al pari del vinile? 
Sono un essere antico e amo i libri  di carta. Amo l’oggetto in sé,  l’emozione che mi dà comprarlo, la soddisfazione che mi dà sfogliarlo  e il piacevole dispiacere che mi dà  arrivare alla parola fine, chiuderlo  e riporlo in libreria. L’e-book mi  costringe ad un rapporto meno  fisico e quindi cerco di ritardarne  l’entrata nella mia vita. Ma lo  dicevo anche dei cd rispetto al  vinile, ed ora siamo arrivati all’I pod e simili. Perciò chissà, forse è solo questione di tempo. Vero è che i libri antichi sono oggetti rari e preziosi,  dubito che un “vecchio” e-book sia altrettanto affascinante. Anche se è praticissimo, racchiude migliaia di  titoli e pesa qualche etto, io preferisco andare in giro con un “mattone” di ottocento pagine nella borsa. è scomodo, è pesante e si rovina, ma a me piace così.  

Cosa contribuisce maggiormente alla crisi del libro? La situazione economica generale o l’avvento degli  e-book? O altro?  
La crisi del libro? Non so se sia dovuta all’avvento degli e-book o al fatto che ci sono meno soldi… Sicuramente  non aiuta l’abbassamento culturale generale. Una volta, quando avevi del tempo libero, prendevi un libro e ti  mettevi a leggere. Adesso ci sono un sacco di passatempi più “veloci” e meno impegnativi per ammazzare il  tempo. Eppure arrivare alla fine di un libro è così soddisfacente! 

Mai letto un libro sul tablet? 
No, mai. E non ci tengo particolarmente. Tutti gli oggetti che richiamano alla mente la forma del computer mi  provocano bolle ed eruzioni cutanee. 

A chi propone di sostituire i libri di testo scolastici con e-book cosa risponde? 
Forse bisognerebbe chiedere ai ragazzi cosa ne pensano. Sono loro che portano in giro quintali di libri negli  zaini, perciò credo che siano i più adatti a dire la loro. Io avrei qualche problema a prendere appunti sul bordo  della pagina, ma questo fa capire chiaramente che il mio ricordo della scuola risale a molti, molti anni fa… 

C’è un libro in particolare che le ha cambiato la vita? In una recente intervista lei ha palesato il suo  gradimento per Thomas Mann. Quali gli altri? 
“I Buddenbrock – decadenza di una famiglia” di Thomas Mann mi ha spalancato le porte della letteratura. Avevo  quattordici, forse quindici anni ed è stata una rivelazione. Non esiste il libro della vita, perché i libri della vita  sono migliaia, ma ciclicamente leggo “Madame Bovary”. Non vedo l’ora di ricominciarlo e soffro quando,  superata la metà, vedo che si avvia lentamente alla conclusione. Ma è un dolore piacevole perché ogni volta mi  godo la meravigliosa e acutissima lucidità con cui Flaubert racconta quei personaggi e quell’epoca. 

Cesare Pavese scriveva: “La letteratura é una difesa contro le offese della vita”. Per cosa altro rappresenta  un antidoto, oltre… che per l’ignoranza?
Il libro è la migliore delle droghe, perché ti fa viaggiare, ti fa vivere vite non tue, sensazioni apocalittiche,  grandi dolori e grandi gioie. E’ una sostanza stupefacente, nel senso che mi lascia stupefatta dalla felicità. 

Secondo lei, di media, quanti romanzi leggono i nostri politici? 
Non ne ho idea, ma certi loro atteggiamenti e certi discorsi prosaici fanno pensare che la lettura dei grandi  autori non sia il loro hobby preferito. Ovviamente non vale per tutti, ma ogni tanto sarebbe bello vederli volare  un pò più alto… 

E quale saggio o romanzo consiglierebbe a loro? 
Non consiglierei a nessuna persona che non conosco un libro: è una scelta che va fatta con l’istinto e col  desiderio. Occorre che fra il libro e la persona ci sia un’empatia e non può essere indotta da terzi. L’unica  persona con cui ho uno scambio di questo tipo è mia madre, grande lettrice, alla quale, dopo tanti anni in cui  lei mi ha consigliato cosa leggere, suggerisco a mia volta delle letture. Ci capiamo alla perfezione e  chiacchieriamo insieme dei libri letti, una pacchia assoluta! 

(intervista di Stefano Corradino) 

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