“Latitudine Soul”, la musica con l’anima. Interviste a Luca Ward e Luca Sapio

247667_467639633315144_1703911271_n“Ogni storia che raccontiamo sembra un film”. Così Luca Ward il popolare attore e doppiatore (che ha prestato la voce a calibri come Russell Crowe, Hugh Grant, Antonio Banderas, Kevin Costner) ci sintetizza come in un tweet la forza del programma “Latitudine Soul” in onda dagli inizi di agosto su Radio1 Rai, dal lunedì al venerdì alle 17. E che non si esclude possa andare in onda tutto l’anno visto l’alto indice di gradimento. “In un’ora di trasmissione parliamo di musica soul. Cerchiamo di capire come sono nati brani memorabili, conosciuti e non. Ma non  è il classico racconto fatto da un attore quanto un dialogo fluido e colloquiale insieme a Luca Sapio autore dei testi del programma e musicista. “Luca è davvero molto bravo – ci dice l’altro Luca – e da subito gli ho detto: scrivi così bene perché non fai lo sceneggiatore?”

Di chi è stata l’intuizione del programma?
E’ un’idea di Flavio Mucciante direttore di Radio1 Rai e la trovo un’intuizione geniale. Un giorno stava guardando i sondaggi sui generi musicali ascoltati di più in radio e si è soffermato sul fatto che il soul era agli ultimi posti. “Com’è possibile?” ha esclamato. Tutto è partito da lì, dalla voglia di far conoscere questa musica fantastica, pazzesca. E le tante storie ad essa collegate.

Qualcuna in particolare?
Sono tutte da scoprire. Le donne e gli uomini del soul avevano un dna comune. Erano famiglie povere indigenti. James Brown faceva il lustrascarpe fuori dagli alberghi…

Il soul è un genere di nicchia?
La gente ascolta quello che gli facciamo sentire. Se il soul non lo trasmetti è più difficile che se lo vadano a cercare. Magari capita in qualche trasmissione notturna se un dj piazza al volo un pezzo di James Brown, ma nulla di più. Parliamoci chiaro, non ho niente contro nessuno ma se accendi la radio siamo pieni di roba mediocre propinata in continuazione quando avremmo a disposizione milioni e milioni di tracce audio che nessuno ti fa sentire. Ci sono cantanti che hanno milioni di “like” e artisti straordinari praticamente sconosciuti ai più. Ma la colpa non è del pubblico, è di chi seleziona la musica.

E’ la dittatura delle cosiddette playlist?
Io viaggio molto in macchina e quando accendo la radio senti sempre le stesse canzoni. Le radio commerciali hanno un panorama musicale di… voglio essere buono: quattrocento pezzi nell’arco dell’anno, sempre e solo quelli. Mi viene in mente, pensando alle italiane a “Se telefonando”. Se non l’avesse rimessa in circolo Nek da quant’è che non la sentivi in radio?

Eri un appassionato di soul già prima di cimentarti con questa trasmissione?
Confesso che lo conoscevo poco. Poi mi sono andato a scaricare di tutto ed è stata una rivelazione! Un repertorio vastissimo. Un genere intramontabile e anche adatto per qualsiasi occasione. Se fai una serata con degli amici e metti di sottofondo il soul è una meraviglia, altro che quella roba lì dei giorni nostri….

Nella musica di oggi manca il soul, manca l’anima?
Nella musica di oggi manca la vita, manca la capacità di comunicare con il pubblico, mancano i messaggi. Se ti vai a leggere le traduzioni di dischi come “The Wall” dei Pink Floyd ci sono messaggi pazzeschi. E le canzoni di oggi di cosa parlano? Cosa raccontano? Quali sono i messaggi? Quello che con una trasmissione televisiva chiunque può diventare un personaggio famoso per essere bruciato fra Natale e Santo Stefano? La musica di oggi cosa lascia? E’ vero che si è tutto si è impoverito ma la musica si è immiserita ancora di più. Io mi facevo i viaggi della speranza per andare a vedere i Genesis e gli Stones.

Che fortunatamente ancora cantano
Grazie a Dio…

Quindi la vostra è una “missione”, per dirla con i Blues Brothers…
Ci proviamo. Qualche settimana fa avevo in casa i miei nipoti, tutti i ragazzi tra i 18 e i 25 anni. Loro suonano. Gli ho fatto sentire brani soul che non conoscevano e sono letteralmente impazziti! Visto mai che con questa trasmissione non riusciamo a riportare il soul ai primi posti delle classifiche radiofoniche!


 

1417795670362Luca-Sapio1-258x193Cantante nell’ultima formazione degli Area, collaborazioni con jazzisti del calibro di Tony Scott e Cameron Brown. Il suo album d’esordio ha ricevuto il premio Siae come miglior disco indipendente del 2012. Il primo singolo estratto “How Did We Lose It” è stato inserito nella playlist del David Letterman Show… Luca Sapio ha il curriculum perfetto per una trasmissione radiofonica musicale di cui infatti è già autore e conduttore dal 2013. Il programma “Latitudine Black” che oggi diventa “Latitudine Soul” insieme a Luca Ward.

Che programma è rispetto al precedente?
E’ una sorta di “campo” nel quale facciamo rientrare gran parte della musica afroamericana. Rhythm & blues, jazz, gospel… Saranno affrontate tutte quante le espressioni musicali legate al soul che prima ancora di essere un genere musicale è… un’attitudine.

Cos’è il soul? Quali sono gli elementi che lo caratterizzano? Molti lo ritengono un sottogenere  del Rhythm & blues ma tanti altri rifiutano catalogazioni schematiche…
E’ molto complicato definirlo, si finisce col dare delle etichette che per alcuni sono scomode, troppo larghe o troppo strette. Ma una cosa è certa già dall’etimologia: viene dall’anima. Un brano è soul quando arriva immediatamente. La storia, il percorso snocciolato nella canzone dal suo autore o interprete deve essere qualcosa di reale. E le persone devono potersi riconoscere in quello che il blues sta raccontando.

Ray Charles, James Brown, Otis Redding, Stevie Wonder… Il repertorio soul è sconfinato, come fate a selezionare?
Abbiamo scelto di parlare del soul non solo attraverso la musica ma anche raccontando le storie dei protagonisti, le città in cui vivevano e si esibivano. E per questo oltre ai grandi nomi che citavi abbiamo deciso di aprire delle finestre su personaggi meno conosciuti ma non per questo meno talentuosi. Oggi a mente fredda possiamo rileggere quello che accadde in quegli anni e riscoprire anche cantanti e musicisti che all’epoca sembravano minori ma che poi erano semplicemente oscurati da questi talenti straordinari. Se fossero usciti qualche anno prima o qualche anno dopo avrebbero avuto la stessa fama.

Tutti musicisti neri
Muddy Waters diceva che in Inghilterra c’erano giovani che suonavano il blues ma che potevano arrivare solo ad una buona imitazione perché “noi ci siamo spaccati la schiena raccogliendo il cotone”. C’è una storia pensante dietro il soul e il blues. Però è sbagliato dire che il soul è solo una prerogativa di artisti neri perché dietro tutti questi grandi artisti afroamericani c’era sempre un grande team di bianchi. La Stax di Memphis e la Motown di Detroit (le due etichette discografiche americane che per tutti gli anni sessanta si sono contese il mercato musicale, ndr) erano costitute all’80 per cento da musicisti bianchi che intuirono il potenziale enorme legato a questi cantanti afroamericani. Un potenziale che andava “confezionato” perché i bluesmen o soulmen erano cani sciolti che andavano organizzati e prodotti. E a farlo erano i bianchi. E per la prima volta, all’alba delle battaglie sui diritti civili degli afroamericani finalmente bianchi e neri suonavano insieme e scalavano le classifiche.

Soul e blues resistono all’usura del tempo e penetrano nei generi musicali contemporanei, perché?
Il grande musicista e cantautore Willie Dixon sosteneva che il blues è la radice e tutto il resto sono i frutti, i germogli. E anche oggi c’è una forte componente di tutto questo in quello che ascoltiamo. Cosa sarebbe stata la musica se non ci stata la fatidica incisione di Robert Johnson o i pezzi di Otis Redding? Senza Muddy Waters non ci sarebbero stati i Rolling Stones.  Tanti artisti cercano di ritrovare quel tipo di sound così forte ed emozionale. Per questo il soul è vivo e cambia in relazione ai tempi e alla contemporaneità. Perché, ribadisco, è un’attitudine e come tale non può finire, ci sarà per sempre!

Tra i critici c’è una disputa costante: a chi spetta lo scettro di re del soul?
Io ho dei miei preferiti ovviamente ma individuare il re… non ce la faccio proprio! La disputa tra l’altro avveniva tra i musicisti stessi. James Brown fu uno dei primi a girare con il mantello e ad attribuirsi il titolo di “re del soul” e questa cosa fece innervosire Solomon Burke (reverendo cantante statunitense scomparso cinque anni fa, ndr) che a suo modo, e ancora prima girava avvolto da un mantello e affermava di essere lui il re del rock n’roll e del soul. Una disputa che non si risolverà mai.

La musica soul ha influenzato anche gli italiani?
Indubbiamente.  Basti pensare al Battisti che si presentò a Sanremo con “Un’avventura”. Un brano decisamente soul!

Interviste di Stefano Corradino pubblicate sul Radiocorriere Tv