Attentati Parigi: “Un paese che vuole rimanere plurale”. Intervista a Antonio Di Bella

“Sei stanco?” “Lo ero di più quando facevo il direttore”. Ci scherza su, Antonio Di Bella, anche probabilmente per stemperare la tensione di questi giorni, quando lo sentiamo al telefono dopo l’ennesima maratona di collegamenti in diretta da Parigi per raccontare le ultime novità.

Come hai saputo la notizia degli attentati la sera del 13 novembre?
L’ho saputo da uno dei miei più fedeli e bravi collaboratori Mario Tavritsky, cileno di origine russa che mi ha segnalato dalle sue fonti che c’erano stati dei colpi di origine misteriosa vicino allo stadio. E così ho acceso la tv e dopo pochi istanti ho visto le notizie.

Da lì in poi è cominciata la messa in onda, prima al telefono e poi in diretta
Una no-stop di collegamenti, tutta la notte e poi dopo qualche ora di sonno abbiamo ripreso alle sette del mattino. E devo dire che la programmazione ai si è immediatamente modificata in modo da coprire trasversalmente l’informazione sugli attentati, non solo su Rai1 ma anche sulle altre reti. E il giorno dopo sono subito arrivati gli inviati ad affiancare me e il collega Stefano Ziantoni che copriva la radio. E così oltre alla diretta da studio abbiamo potuto contare anche sui racconti in presa diretta di molti inviati.

In una situazione come questa quanto è difficile districarsi fra notizie che arrivano in modo  vorticoso e frammentario?
E’ molto più facile che districarsi fra i problemi politici romani! E’ il mio mestiere e lo faccio da tanti anni quindi penso di avere un po’ di naso… E aver fatto l’inviato, il caporedattore, il vicedirettore, il direttore e il conduttore mi consente di capire sufficientemente come funzionano le cose. E questo facilita il lavoro.

In quel momento quali erano le tue fonti privilegiate?
A parte Bfm e Itelé che sono due ottime televisioni no-stop bisogna dire che ormai tutti i giornali francesi, da “Liberation” a “Le Monde”, da “Le Figarò” a “Le Parisien” e persino i settimanali, hanno dei servizi di “alert” a cui sono abbonato, per cui sul cellulare ti appaiono ogni istante gli aggiornamenti in tempo reale e in qualche modo vanno più veloci delle stesse agenzie stampa.

Dalla strage di Charlie Hebdo ai fatti di questi giorni l’informazione ha cambiato passo?
C’è molta più attenzione e cautela nell’informazione francese rispetto ai giornali italiani o internazionali. Troppo spesso prevale la corsa ad essere primi strillando lo straccio di notizia che arriva senza aspettare di verificarne l’attendibilità. Qualche notizia ad esempio si è rivelata falsa come quella di un terrorista in fuga in Italia che alcuni media italiani – non la Rai – hanno subito rilanciato. Quando poi l’ho verificata con la polizia presso l’ambasciata italiana si è scoperto che la targa diramata era quella di un’auto già ritrovata in Francia. E così ho potuto rettificare al volo la notizia piuttosto che andare avanti per diverse ore su una notizia infondata. Questo è un esempio di come la corsa forsennata a dare le notizie è spesso pericolosa. Da questo modus operandi la tv francese si è tenuta lontana, consapevoli della responsabilità che deve avere un organo di informazione di un paese sotto attacco terroristico. Bisogna verificare bene le notizie perché l’impazzimento dei falsi allarmi, se riproposto all’infinito e senza controllo rischia di favorire il gioco di chi vuole creare il caos.

A una settimana di distanza dagli attentati qual è il clima tra i parigini?
Penso che dovremmo evitare i tanti luoghi comuni come “città spettrale” o “sotto assedio”. E’ chiaro che chiunque viaggi e usi l’aereo e ha familiari sparsi per il mondo non può vivere a cuor leggero questa situazione ma, come ha detto il presidente Hollande “vogliono farci cambiare il nostro stile di vita ma noi non lo cambieremo”. Mi è molto piaciuto ad esempio il minuto di silenzio nei bistrot. Il fatto che si sia sparato in un bistrot non significa doversi barricare in casa e non uscire. Noi andiamo al bistrot e facciamo un minuto di silenzio! Ed è bellissima anche la copertina di Charlie Hebdo: “loro hanno le armi noi abbiamo lo champagne”. L’ironia e la voglia di condividere l’idea di un paese plurale, che non rinuncia alla sua multietnicità e alla multireligiosità è la risposta migliore da dare a queste schegge impazzite.

Intervista di Stefano Corradino pubblicata sul Radiocorriere Tv